Parlare di politica, parlare di prodotti
Scena di vita vissuta. Dopo aver rischiato più volte il taglio di un orecchio, ed aver costretto il fido barbiere a qualunque tipo di acrobazia forbicistica a causa della mia inusuale agitazione, mi dirigo verso la cassa per pagare. Il signore con il quale ho intessuto una discussione a distanza (lui su una poltrona, io su quella a fianco) sulla condanna a Previti, blocca il rasoio, gira finalmente la testa e mi dice con aria grave: “Lei, che è di sinistra, si faccia l’esame di coscienza, chè se non ce ne accorgevamo noi in Friuli, loro mica ci dicevano niente delle scorie di Chernobyl. Questo è il comunismo!”.
Ecco, in Italia, di politica, si discute così. Dal barbiere, in ufficio, negli studi televisivi (barberìe dotate di telecamere), in Parlamento. Si uniscono due tecniche: la focalizzazione sui punti deboli, sulle incoerenze, sulle mancanze dell’avversario, e il salto da palo in frasca. Non si parla mai delle cose buone fatte dalla parte politica che si sostiene e dei vantaggi di cui il popolo italiano godrebbe nel seguire una certa linea politica: si preferisce darci dentro con la sistematica distruzione della posizione altrui. Non si dice perchè sia bene votare A, si dice perchè sia male votare B.
Non solo: si preferisce non “restare sulla notizia” e discutere solamente di un unico tema, ma si passa consapevolmente a tutt’altro pur di avere un qualche tipo di vantaggio dialettico, anche se il secondo (ed il terzo, ed il quarto) tema scelto non ha nulla a che fare con il primo. Previti-Chernobyl, per intenderci.
Ora, facciamo questo esercizio. Guardiamo, con la dovuta predisposizione al supplizio, una qualsiasi puntata di “Porta a porta” o di “Ballarò”. Arriviamo al primo break pubblicitario, e studiamo gli spot. I messaggi che passano sono positivi, sottolineano le superiori performance del prodotto, stimolano sensazioni di benessere e gratificazione, inducono a pensare che chi usa quel bene o quel servizio conduca una vita migliore, più serena, comoda, tranquilla e ricca di soddisfazioni. Con la sola eccezione dei carrier telefonici (e neanche tutti), nel nostro paese i comunicatori di marketing non usano la pubblicità comparativa, non la mettono in rissa, non parlano dei concorrenti.
Adesso, torniamo a Vespa e Floris. Noi siamo sempre gli stessi, ma questi signori ci parlano in tutt’altro modo. Eppure, il loro obiettivo dovrebbe essere lo stesso: convincerci della bontà del loro “prodotto”. Chi è che sta sbagliando?
May 5th, 2003 at 21:51
Purtroppo così è più facile… e la rissa, così come le palate di letame sull’avversario, fanno più *odiens* di un’idea.
May 6th, 2003 at 22:54
Vero. Ma continuo ad avere la sensazione di uno sdoppiamento del nostro modo di discutere, del quale non riesco ancora a darmi una spiegazione valida.