Davanti al trenino dei giardini
Uscendo dalla fermata di metropolitana, si vede il sole. E si vedono bambini in maglie variopinte, cani svagati, e signori che leggono libri di filosofia, seduti in abiti più antichi di loro. I bimbi si arrampicano sulle spalle dei padri, e guardano con stupore il pagliaccio che parla con un accento lontano, e gli occhi delle mamme si illuminano contemplando di nascosto la gioia primordiale dei figli.
La giostra gira, i padri fanno conti e scuotono la testa, i bimbi vogliono salire sull’aereo e poi sul cavallo, e poi tutti riescono a spostarsi, tenendosi per mano, verso il piccolo ponte sul laghetto. I bimbi vedono solo i pesci che si accalcano su pezzi di pane ormai sciolti, le mamme li tengono stretti perchè non si gettino, ed i padri vedono i piatti di plastica dispersi sul fondo.
Le mani dei bimbi sprofondano nuovamente in quelle dei genitori, ed i loro piccoli piedi si muovono decisi verso il trenino. Quello dove salgono insieme alla mamma, gridando di gioia ad ogni passaggio, salutando il papà con la mano, facendo ciao ai Puffi, ed a Bambi, ed ai sette nani. Il padre osserva due nonni, appoggia le spalle ad una parete di legno stinto e tarlato, e organizza pensieri da battere su una tastiera.
Cinque giri! Ancora! Ma passano due pony, e bimbi e mamme e padri corrono per guardarli e salutarli; i bimbi dicono “è stato bello”, le mamme ed i padri si stringono di nascosto la mano, ed il buio della metropolitana che si avvicina non fa paura, ma è solo un’altra avventura di mezz’ora, che li aspetta in questa domenica di vita comune a Milano.