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    23/06/2003

    Filed under: — JE6 @ 13:03

    Not In My Back Yard
    Come già scritto in altro luogo, nelle vene del blog-manager di Squonk scorre sangue sardo. Cento per cento, son persino un po’ anemico, infatti. La premessa serve per dire che l’idea che la Sardegna divenga discarica ufficiale delle scorie nucleari italiane mi sorride decisamente poco.
    La storia mi pare ben riassunta in questo articolo di Giovanni Valentini (segnalato anche da Yaub, che dedica due post alla faccenda).
    Ora, la storia in questione è brutta e losca, specie se i vari conflitti di interessi descritti da Valentini sono veri e provati. Lo stupore e lo sconforto aumentano a dismisura, leggendo che l’Enea avrebbe a suo tempo individuato non meno di altri duecento siti possibili per lo stoccaggio di queste scorie. Di duecento, nemmeno uno in Sardegna (e nelle isole in generale).
    Però.
    Insomma, provo a mettermi nei panni di chi abita in prossimità di uno di quei duecento siti. Vorrei la pattumiera nucleare vicino a casa mia? Ma neanche per idea. Parteciperei a qualunque mobilitazione, raccoglierei firme, mi incatenerei alla cancellata del municipio, scriverei ai giornali. Farei esattamente ciò che stanno già facendo molte persone in Sardegna.
    Non sarei certo da solo. Farei parte di una ben più vasta compagnia, sicuramente. Anzi, di compagnie ce ne sarebbero altre centonovantanove, una per ciascun sito potenzialmente destinato a ricevere lo sgradito regalo.
    Allora, mettiamola così: posto che concordiamo sul fatto che la Sardegna sia l’ultimo posto dove scavare una gran fossa e buttare un po’ di sassi e fanghi radioattivi, come si sceglie e come si convince qualche altro migliaio di cittadini italiani (gente che ha gli stessi diritti/doveri dei sardi) a sedersi sotto il cartello “Caution – Radiation Area”?

    13 Responses to “”

    1. gilgamesh Says:

      Volendo aderire, qui è in corso una raccolta di firme “elettroniche” (circa 14.000 al momento, compresi personaggi di notevole livello) contro lo stoccaggio delle scorie in Sardegna. M’erano sfuggite le sue origini in Ichnusa, Sir.
      Non sono passato a S.Gilla, in compenso sono andato al Bellarosa Minore di Molentargius a fotografare una muraglia rosa accanto ai nidi, coi neonati dentro, goffi, grigi e buffissimi.
      Gilgamesh

    2. blackcat Says:

      E’ semplicemente scandaloso che un essere vivente debba stare vicino a un deposito di scorie… Spendiamo miliardi di euro per il riciclaggio dei rifiuti tossici, ma in effetti le scorie del riciclaggio del riciclaggio del riciclaggio, dove le potremmo mettere? Nel senso, bisognerebbe forse pensare a contenitori strasigillati, strasicuri, straisolati, non so, qualcosa… ma stoccarli così, mi sembra davvero sia una scelta “comoda e indolore” (per qualcuno). Sentivo parlare di contenitori buttati in fondo al mare, altri sotterrati a profondità enormi… tutto però mi sembra transitorio e soprattutto poco sicuro. Ecco, ora ho un nuovo motivo per avere incubi notturni…

    3. Squonk Says:

      Però, bella coppia, mica rispondete. Dunque, le scorie ci sono. E allora, se non in Sardegna, dove? A Parma? A Lodivecchio? A Malles Venosta? A Vibo Valentia?

    4. blackcat Says:

      Uè! Te l’ho chiesto prima io dove? Se non lo so, come faccio a risponderti?

    5. Squonk Says:

      Mia felina, mi scuso se son stato criptico; mi riferivo all’ultima frase del post.

    6. blackcat Says:

      Ideona! Lanciamoli nello spazio, fuori dall’atmosfera!…vabbè ho capito, torno a lavorare :*(

    7. Monizia Says:

      io ho firmato.
      Anche le mie origini si perdono in Sardegna e, pure avendola visitata solo poche volte, ho un pezzetto di cuore in quell’isola.
      Ma anch’io mi son fatta quelle domande: dove?
      Forse smetterla con il nucleare sarebbe una delle soluzioni?
      Ma allora quale alternativa?
      Non sono di certo un’esperta, non so darmi risposte.

    8. gilgamesh Says:

      Io un idea l’avrei. E parlo da fisico, quindi un minimino di cognizione di causa ci sarebbe.
      Il problema con le scorie radioattive in genere, è il così detto “tempo di dimezzamento”, che soprattutto con certi isotopi è molto alto, nel senso che sostanze come, ad esempio il cesio e lo stronzio radioattivi, restano tali per parecchie centinaia di anni, quando non migliaia.
      Per isolarle, si ricorre in genere a contenitori sigillati di piombo.
      Esistono metodi alternativi, tipo accelerare artificialmente il “dimezzamento” (è possibile, ma ancora non è stato escogitato un metodo pratico ed economico) e “inertizzarle”, cioè renderle non più radioattivo.
      Basterebbe convincere l’attuale governo (o magari il prossimo) a invertire la tendenza, e anzichè tagliare i fondi a laboratori e dipartimenti, investire in ricerca & sviluppo almeno lo 0,1% del PIL contro l’attuale, risibile percentuale che nemmeno cito per ritegno.
      E poi si lamentano della fuga dei cervelli.. snort
      Gilgamesh

    9. Squonk Says:

      Gilga, non ho capito un punto: accelerare il dimezzamento ed inertizzare sono due processi alternativi, oppure il secondo è consecutivo al primo? Perchè, se così fosse, il problema delle scorie continuerebbe ad esistere, semplicemente con una diversa scansione temporale. E, sempre se così fosse, il problema di “dove piazzare le scorie già esistenti” continuerebbe ad esistere. Attendo lumi.

    10. Sindbad Says:

      Mi sono occupato anch’io , nel mio blog, del problema delle scorie…di queste fantomatiche 55 mila tonnellate di materiale radioattivo che rischia di finire sotto il mio culo….visto che abito nel sulcis…C’è da considerare che comunque uno stoccaggio delle scorie andrà comunque fatto da qualche parte…certo sarebbe meglio inserirle dentro le vecchie centrali …stoccarle insomma dove già il territorio è inquinato …Problema diverso è poi quello derivante dalle scorie dei missili all’uranio impoverito che viene portato in Italia per questioni di “Studio” e che dovrà essere stoccato, a mia avviso, dentro la cantina di quei gentili signori con i gradi sulle spalle…..ma questa è una storia lunga…

    11. utente anonimo Says:

      Idea stupida…forse potremmo dividerle in tutte le 200 sedi e magari aumentare il numero delle sedi…se tutti gli italiani avessero vicino il cartello “Caution-Radiation Area” almeno nessuno si potrebbe lamentare di essere trattato peggio di altri…
      Vabbè…
      Lorenzo

    12. utente anonimo Says:

      Opss…mi scuso per l’anonimato.
      Lorenzo Tassinari (tassman@libero.it)

    13. gilgamesh Says:

      Diciamo che, se si investisse DAVVERO in ricerca e sviluppo, o meglio ancora, se lo si fosse fatto anni fa, dato che di questa tecnologia si parlava quando ero ancora all’università, quindi circa quindici anni or sono, i due processi sarebbero consecutivi, ovvero, si potrebbe arrivare davvero a tempi così rapidi da riconvertire scorie radioattive in materiale inerte in tempi umani.
      Ma si preferisce finanziare la costruzione di mega-strutture che restano poi incompiute con sprechi di risorse assurde, quando non autentiche malversazioni, e tagliare ogni anno di qualche punto i fondi alla ricerca per far quadrare i dissestati bilanci statali. Questa è peggio che miopia, questa è dissennatezza assoluta, se non autentica cattiveria.
      Gilgamesh

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