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30/01/2004
Se si allontanasse, quella testa di cazzo e la sua sigaretta, che mi va il fumo negli occhi. Quanto sarà distante la biglia? Un metro, ma no, quaranta centimetri, non di più. Peccato quei cinque maledetti birilli, lì in mezzo. Gli omini, li chiamano, e quando li stendi diventano i cadaveri.
Li odio e li amo, questi colpi. Tre sponde. Devi calcolare tutto, la forza, il punto di battuta sulla sponda corta, l’effetto ad aprire oppure a chiudere, la posizione del pallino, dove si fermerà la tua biglia dopo aver colpito la biglia avversaria, se mai la colpirà. Ah sì, perchè quella è l’onta massima, mancare la biglia, vorresti che il panno verde ti inghiottisse e non ti buttasse più fuori.
Forza, allora, tanto non ho altre possibilità. Mi sdraio sul tavolo, la gamba sinistra quasi completamente distesa sulla sponda del tavolo, la mano sinistra che va ad appoggiarsi sul panno, una piccola montagna formata da indice-medio-anulare-mignolo, ed il pollice opponibile dei primati a fare l’incavo nel quale scorrerà la stecca. Socchiudo gli occhi, prendo la mira, cerco di immaginare che cosa succederà nei prossimi due secondi, se farò il tiro che strappa il cenno di approvazione dei vecchi del tavolo, o se manderò in vacca la partita e la reputazione.
Mi viene in mente, scemo che sono, adesso che dovrei essere concentrato, mi viene in mente quel palazzo di Marrakech, dove mi hanno detto che è stata girata la scena dell’ottavina reale di “Io, Chiara e lo Scuro”. Cerco di pulire il cervello, di focalizzare lo sguardo solo su quel millimetro che dovrò colpire. Altri due, tre secondi, qualcuno nel frattempo si beve l’ennesimo bianchino della giornata, e tutti hanno vestiti e capelli impregnati di un fumo che non viene via neanche alla terza doccia, e qualche altro riceve una telefonata, eccheccazzo, almeno mettilo con la vibrazione, non rompere i coglioni proprio adesso.
Sento il fruscio delle carte del ramino, a dieci metri di distanza, sento il colpo di uno striscio con taglio a tenere dal tavolo a fianco, sento la mano destra un po’ troppo rigida, riguardo la biglia e la punta della stecca, tiro indietro il braccio e poi lo muovo in avanti.
Se si allontanasse, quella testa di cazzo e la sua sigaretta, che mi va il fumo negli occhi.
29/01/2004
Se Robbie Williams fosse capace di dire la metà delle cose intelligenti che dice Daniele Silvestri, e fosse capace di scrivere la metà delle belle canzoni che scrive Daniele Silvestri, avrei bisogno solo di due caffè, invece che di quattro, per digerire “Daniele Silvestri è la cosa più vicina a Robbie Williams che abbiamo in Italia“.
Wittgenstein
28/01/2004
Basta niente, proprio niente, maledizione, basta il titolo di un post, basta leggere Se-le-bre-scion e sprofondare nei ricordi, e nelle considerazioni da quasi quarantenne quale sei, e dire che no, in Italia nessuno ha suonato meglio, nè prima nè dopo, e provare il desiderio di avere a portata di mano il CD per sentire per la milionesima volta E’ festa.
Nostalgia canaglia Basta niente, proprio niente, maledizione, basta il titolo di un post, basta leggere Se-le-bre-scion e sprofondare nei ricordi, e nelle considerazioni da quasi quarantenne quale sei, e dire che no, in Italia nessuno ha suonato meglio, nè prima nè dopo, e provare il desiderio di avere a portata di mano il CD per sentire per la milionesima volta E’ festa.
Devono essere tempi grami, quelli che portano a salutare con contentezza e persino stupore un’e-mail che dice semplicemente “grazie”.
C’è post@ per te Devono essere tempi grami, quelli che portano a salutare con contentezza e persino stupore un’e-mail che dice semplicemente “grazie”.
26/01/2004
[Questo è uso privato di strumento pubblico. Però, lo strumento – Splinder permettendo – è “mio”. E quindi]
Dovrei ringraziare un bel po’ di persone, in queste prossime righe; quelle che, leggendo il post traboccante di pathos qualche giorno fa, mi hanno scritto, mi hanno fatto gli auguri, si sono fatte sentire vicine.
Ecco, se di quasi un anno di blog rimanesse solo questo, per me sarebbe abbastanza.
Comunque, per chiarire: non ho nausea di blog. E’ passato il periodo dell’innamoramento da neofita, oggi credo di avere un approccio più disincantato ma anche più consapevole nei confronti dello strumento, che apprezzo come e più di prima.
Solo, la vita di ciascuno è un puzzle (letteralmente, un rompicapo) fatto di tessere le cui dimensioni non rimangono fisse nel tempo. Ci son periodi in cui una tessera si allarga, richiede più spazio ed attenzione. E se si vuole venire a capo del puzzle, date le proprie energie e capacità – che non sono infinite: anzi – si deve dedicare meno tempo ed attenzione ad altre tessere.
Tutto lì, questione di priorità. Niente di più, niente di meno.
PS – Ero davvero intenzionato a smettere, per un po’. I motivi li ho spiegati, spero, qui sopra. Poi, ieri sera, mentre navigavo per tutt’altri motivi, la forza dell’abitudine ed il richiamo della blogosfera mi hanno portato su questo post del Fratello Spiritum. E, dopo un momento di sorpresa, ed uno di commozione (massì), mi son detto che, forse, la lista delle priorità aveva bisogno di un altro ritocco. La voce “blog” poteva salire di una o due posizioni. Insomma, se oggi leggete queste righe, introspettive ed autoreferenziali quant’altre mai, la colpa è del Colonnello. Prendetevela con lui.
Priorità [Questo è uso privato di strumento pubblico. Però, lo strumento – Splinder permettendo – è “mio”. E quindi] Dovrei ringraziare un bel po’ di persone, in queste prossime righe; quelle che, leggendo il post traboccante di pathos qualche giorno fa, mi hanno scritto, mi hanno fatto gli auguri, si sono fatte sentire vicine. Ecco, se di quasi un anno di blog rimanesse solo questo, per me sarebbe abbastanza. Comunque, per chiarire: non ho nausea di blog. E’ passato il periodo dell’innamoramento da neofita, oggi credo di avere un approccio più disincantato ma anche più consapevole nei confronti dello strumento, che apprezzo come e più di prima. Solo, la vita di ciascuno è un puzzle (letteralmente, un rompicapo) fatto di tessere le cui dimensioni non rimangono fisse nel tempo. Ci son periodi in cui una tessera si allarga, richiede più spazio ed attenzione. E se si vuole venire a capo del puzzle, date le proprie energie e capacità – che non sono infinite: anzi – si deve dedicare meno tempo ed attenzione ad altre tessere. Tutto lì, questione di priorità . Niente di più, niente di meno. PS – Ero davvero intenzionato a smettere, per un po’. I motivi li ho spiegati, spero, qui sopra. Poi, ieri sera, mentre navigavo per tutt’altri motivi, la forza dell’abitudine ed il richiamo della blogosfera mi hanno portato su questo post del Fratello Spiritum. E, dopo un momento di sorpresa, ed uno di commozione (massì), mi son detto che, forse, la lista delle priorità aveva bisogno di un altro ritocco. La voce “blog” poteva salire di una o due posizioni. Insomma, se oggi leggete queste righe, introspettive ed autoreferenziali quant’altre mai, la colpa è del Colonnello. Prendetevela con lui.
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