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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    26/05/2004

    Gruesse aus Berlin – 7: I conti con il passato

    Filed under: — JE6 @ 12:16

    Una cosa che mi pare straordinaria di questa città è il modo in cui fa i conti con il suo passato. Con i suoi passati, ad essere precisi.
    Va orgogliosa degli imperatori, della Prussia, del tempo in cui Berlino e Germania (o come si chiamava, ma poco importa) erano realmente la stessa cosa. Ma non lo ostenta, lo fa con sobrietà, con una sorta di understatement che fa il paio con i suoni attutiti di molte sue strade. Perchè chi è forte “dentro” non ha bisogno di mostrare i muscoli, di gridare.
    Al tempo stesso, Berlino non nasconde i suoi tempi cupi. Non nasconde le ferite, il Muro, le persecuzioni, il Fuhrer, le divisioni. Sono tutte lì, per chi le ha viste e per chi non c’era: i carri armati sovietici, la spoglia sala della Neue Wache a memoria delle vittime di tutti i totalitarismi, i nomi dei cittadini di Weimar uccisi dai nazisti impressi proprio di fronte al Reichstag. E’ un posto, Berlino, dove “memoria” è una parola che non ha perso senso; un’altra, come “libertà”. E’ un buon motivo per girarla, a piedi, da soli, e in silenzio.

    Gruesse aus Berlin – 6: Freiheit, Freiheit, Freiheit

    Filed under: — JE6 @ 10:15

    Ci sono luoghi, città dove le parole sembrano mostrare il loro vero significato.
    Al centro della Strasse des 17 Juni, quella enorme, lunghissima via alberata che parte dalla Porta di Brandeburgo, costeggia il Tiergarten e arriva alla Statua della Vittoria, si trova la statua di un uomo che grida al cielo. E sotto, incise nella pietra della stele, si leggono le parole del Petrarca: “Io vado per il mondo, e grido: libertà, libertà, libertà

    Gruesse aus Berlin – 5: Uan fot

    Filed under: — JE6 @ 10:11

    Quando si dice “parla come mangi“. Mi si avvicina questo signore, davanti alla Staatsoper, brandendo una macchina fotografica, e mi dice “uan fot?“.
    Basito, lo prendo per uno di quelli che ti spillano soldi facendoti fotografie sceme davanti ai luoghi turistici, e gli dico “no“.
    Sul suo volto si dipingono smarrimento e delusione, mentre a me viene in mente che siamo a Berlino, e non in Piazza del Duomo a Milano; realizzo che quell’uomo deluso dalla vita non può che essere italiano, mi scuso, gli prendo dalle mani la macchina fotografica e gli scatto la sua dannata immagine.
    Mi ringrazia, mi saluta, lo guardo allontanarsi; me lo immagino ad un chiosco, a chiedere”uan panin“, povera stella.