C’era una volta
Anni fa – sei, sette – poco dopo il deposito dell’ATM di via Melzo, c’era una sala biliardo. Una vera sala biliardo, non un bar. Pochi tavoli, giocatori selezionati, fumo, alcoolici, occhiaie.
Non potevano giocare tutti. Ah, no. Si poteva prendere la stecca in mano solo su presentazione: si veniva introdotti al cospetto del padrone del locale, e se le garanzie date erano sufficienti, allora si potevano oltrepassare i cordoni che dividevano i tavoli (ed i giocatori) dagli spettatori. Perchè lì, in via Melzo, si andava a veder giocare i grandi: come a San Siro, o al Bernabeu, o all’Olympiastadion.
Si stava in silenzio, e si guardavano queste partite magnifiche, fatte di una quantità di colpi straordinari che noi, poveri mortali dalla mano tremolante e dal brandeggio incerto, mai avremmo potuto eseguire nella nostra vita di biliardisti.
Ricordo di aver visto Carlo Cifalà, nell’anno in cui diventò campione del mondo di cinque birilli. Una precisione, una pulizia, una implacabilità paurosa. Le partite a goriziana-tutti-doppi arrivavano ai quattrocento punti: lui, per avere un avversario, doveva trovare un altro professionista e dargli settantacinque punti di vantaggio. Di solito, vinceva.
Giravano cifre da paura, in quel locale, ma non si vedeva una banconota che fosse una. I giocatori, almeno i migliori, avevano un pool di finanziatori, con i quali dividevano perdite e vincite. Un giorno poteva voler dire quindici, venti milioni in più o in meno sul conto in banca.
Questa mattina sono passato davanti al deposito dell’ATM, ed ho iniziato a buttare l’occhio per ritrovare le serrande della sala biliardo. Ho trovato uno di questi locali fighetti (cafè, li chiamano: ma vaffanculo). Ho allungato il passo, ho pensato a Cifalà, alle biglie che scorrevano su quei tavoli, ai racconti che ci facevamo tornando a casa in metropolitana, alla stecca che non uso più ma dalla quale non mi separo, e sono invecchiato ancora un po’.
July 27th, 2004 at 12:28
resista
avrebbe potuto andare peggio
che so, un McDonald’s
July 27th, 2004 at 12:46
I McDonald’s hanno molta, molta più dignità di questi cafè farlocchi.
July 27th, 2004 at 12:51
dipende dal suo livello di colesterolo, Sir
July 27th, 2004 at 16:14
Mi dispiace, ma purtroppo è la tragicommedia della vita, in cui tutto passa anche le cose belle, forse proprio per questo le brutte non finiscono mai.
July 27th, 2004 at 16:41
penso che questo post sarebbe un’ottima auto-prefazione ai racconti 5 Birilli, no?
July 27th, 2004 at 17:19
la sale di biliardo morte e sepolte a milano sono parecchie. tanto per dirne solo due in cui io ho lasciato cuore, gesso blu consunto e impronte digitali sui panni verdi: la meravigliosa rosa che stava affianco all’eliseo e il bar bigio (dal modo di dire milanese per dire che si faceva sega a scuola) in via custodi.
è rimasto ovviamente quel porcile che sta in via vigevano. dove i fighetti si fanno segnare i punti dalle morose, con culi incastrati in perizoma leopardi che si muovono lascivi verso il segnapunti.
July 27th, 2004 at 17:45
Non se la prenda troppo: calma e gesso.
July 27th, 2004 at 17:46
Sotto ogni “Cafè” c’è un biliardo infinito.
July 28th, 2004 at 10:24
AH, sì, Il Biliardo Infinito.
La Allende, mi pare, no?
July 28th, 2004 at 16:00
Però almeno via Melzo è rimasta una via interessante; quel cafe’ stona e non avra’ vita lunga. Almeno l’Elephant è pittoresco!