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29/10/2004
Ci sono presenze che, in qualche modo, ti accompagnano per tutta la vita, o almeno per gran parte di essa. Gente che, per quanto tu ti spinga indietro con la memoria, hai sempre trovato sulle pagine dei giornali. Gente con la quale puoi dire di essere cresciuto insieme, in fondo.
Fidel Castro. I Beatles, insieme e nelle sue derivazioni Lennon e/o McCartney. Gianni Rivera. Arafat.
Ti fai persino l’idea che sia gente a suo modo eterna, che ti vedrà andare nella fossa e sarà ancora lì al suo posto. Forse in qualche caso è addirittura vero, anche se ti pare che non vi sia sufficiente motivo e merito.
E comunque, arriva il momento in cui realizzi che invece i giorni, o i minuti, sono contati, che la parabola è arrivata alla fine, che la luce si sta spegnendo. E ti senti come uno che sta seduto sulla riva del fiume, e vede passare cadaveri. Amici e nemici.
Repubblica.it
28/10/2004
Non so se è peggio il mal di stomaco originato dai propri problemi, o quello che viene dai problemi delle persone alle quali si vuole bene.
27/10/2004
(…) La sola ipotesi che il marchio Sinudyne potesse tornare sulla maglia della Virtus ha fatto scattare mille pensieri in tutti noi, che fra mille schiume da barba tutte uguali scegliamo sempre la Squibb, che apprezziamo gli elettrodomestici Ignis, che ci siamo stizziti non trovando più il Billy al supermercato, che consideriamo davvero Scavolini la cucina più amata dagli italiani. E’ marketing dei sentimenti, ma i quarantenni o giù di lì su questo fronte sono indifesi. Abbastanza giovani per portare i jeans senza farsi ridere dietro, troppo vecchi per mettersi a fare bilanci, o sperare di vendere al pubblico la propria nostalgia canaglia. Non abbiamo fatto il Sessantotto, e negli anni di piombo cercavamo la figurina mancante di Muraro. Non siamo stati nemmeno paninari, e non abbiamo mai seguito mode: non per sofferta scelta ideologica, ma perchè le ignoravamo. La nostra vita era segnata dai Cosic e dai Villalta, con tutto quel che ne consegue. Ma siamo anche autocritici, oltre che la prima generazione nella storia dell’umanità a trovare quella seguente più seria, ma anche seriosa, e intelligente della propria. Chi è quel cretino che si emozionerebbe per il nome di un televisore? (…)
Stefano Olivari per Indiscreto.it
26/10/2004
Non so, sarò uno di quelli che, come dice Luca, “si spacciano di sinistra come ci si spaccia per milanisti, senza che questo abbia molto a che vedere con qualche pensiero approfondito, anzi spesso in contrasto con i loro pensieri di destra“, ma io questi cinque idioti che hanno allagato il Parini li metterei sul serio a lavorare insieme ai muratori che dovranno rimettere a posto i danni del loro cervello bacato, li farei stare lì, sotto gli sguardi di scherno e di odio dei loro compagni, con il cappellino in testa fatto con la Gazzetta di due giorni prima, e mi impegnerei a trovare una banca presso la quale far accendere un mutuo a loro nome (mettendo come garanzia i beni della famiglia, va bene, come la macchina del babbo che dice “lavoro troppo e non posso seguire bene mio figlio” – coglione, lavora un po’ meno, allora, no? Hai qualcosa, nella vita, più importante di tuo figlio?), per mantenerli sotto la spada di Damocle fino a quando avranno quarant’anni, perchè hai voglia a dire che hanno sedici anni, ma di sedicenni che in testa hanno un cervello (e lo usano) invece di un pezzo di gruviera è pieno il mondo, anche in questi tempi grami. Idioti. Idioti, ecco.
Repubblica.it
25/10/2004
Una camera via blog!
OninO va a Roma: se hai una camera libera nella capitale, magari potresti accoglierlo. OninO cerca una singola in un appartamento con altri ragazzi/e. Meglio se non lontanissima dalla Sapienza e non esageratamente costosa. Aiutalo!
OninO ha 24 anni, non sporca e non abbaia di notte.
Se non hai camere a disposizione, magari puoi spargere la voce.
Contatta OninO sul suo blog:
o tramite mail
Corso di formazione di una primaria banca nazionale.
La responsabile del corso, terminata la giornata, si rivolge alla platea degli “studenti”, una decina di signori convenuti da diverse agenzie della ricca Brianza per saperne di più sugli strumenti grazie ai quali turlupinare risparmiatori di ogni ordine e grado: fondi, polizze, obbligazioni strutturate e non, e così via. Beve un bicchiere d’acqua, ultimo tentativo di respingere l’incipiente afonia, e chiede: “Beh, ragazzi, allora: da lunedì cosa si fa?”
Uno degli “studenti” alza un dito, massima prova di sforzo, e sogghigna “Mi fu ‘n casso, vu in pensiun tra un mes“.
Lo “studente” che sta a fianco del Carlo Porta de’ noantri si accoda: “Ah, beh, se è per questo io in pensione ci vado tra due settimane“.
Il silenzio pervade la sala, lo smarrimento ha la meglio sul bicchiere d’acqua ed ammutolisce l’insegnante. Colto da pietà, un giovane virgulto della rete territoriale la incoraggia: “Guardi, io ho quarant’anni, morirò prima di andare in pensione, di sicuro. Da lunedì, se trovo un pollo, provo a piazzargli questa roba, contenta?“.
22/10/2004
Chez Herzog si discute della “voglia di carta” che si aggira nella blogpalla. Il padrone di casa punta il dito sul fatto che molti (?) blogger sembrerebbero aver dimenticato, oppure messo in un cassetto, il proprio ruolo di esploratori, di pionieri, di cavie volontarie delle possibilità espressive dello strumento blog e del suo sistema di regole:
Riflettevo però sul fatto che, nella giusta e continua tensione del blog ad esplorare le proprie, differenti potenzialità, la deriva attuale è un ritorno alle logiche dell’editoria classica (non si tratta solo di scritture o mezzi differenti, ma di un sistema di regole da accettare), ovvero un ambito di cui il blog è (è stato?) alternativa, se non addirittura antitesi (là c’è una selezione, e qui no: là c’è una censura, e qui no: là si è vincolati a logiche commerciali, e qui no)
Io non sono d’accordo, per quel che vale la mia opinione.
Non che non veda le differenze tra gli strumenti qui messi in contrapposizione, e le differenze tra i “sistemi di regole” di cui si parla (benchè questo del “sistema di regole” sia un concetto davvero tranciato a colpi d’ascia). E’ che mi pare perfettamente naturale che, passando da un ambito ad un altro, se ne accettino anche le “regole”, posto che queste non vengano considerate sbagliate e/o che non si abbia la forza – o il desiderio – di cambiarle.
21/10/2004
I Boston Red Sox battono i NY Yankees 4-3 nelle American League Championship Series. Erano sotto 3-0. Hanno vinto la quarta partita al dodicesimo inning, e la quinta al quattordicesimo. E gli Yankees, a casa.
Espn.com
E’ colpa delle sei bamboline voodoo, lo so. Non può essere diversamente.
“You know, sir, there are thunderstorms over the Atlanta area, all flights are delayed or canceled“. Vabbeh.
Si parte da Nawlins con centocinquanta minuti di ritardo. Si arriva ad Elena (pronuncia locale per Atlanta, accento sulla seconda “e”) con centosettanta, si prende la metropolitana interna dell’aeroporto, si corre come Michael Johnson per arrivare al gate giusto, e ci si sente dire che l’aereo per Milano ha appena chiuso le porte e il capitano non intende far salire a bordo i ritardatari. Vabbeh.
Uffici Delta, si organizza il cambio di volo. “Try with Newark, sir, if you are on time you then have forty minutes to catch your plane to Malen [pronuncia locale per Milano, accento sulla “e”]”. Si va al gate segnalato, per constatare che, nell’arco di dieci minuti, si è già avuto il primo spostamento ed il primo ritardo di cinquanta minuti. I cinquanta minuti diventano ottanta, e poi centoquaranta. La coincidenza con Milano è persa. Vabbeh.
Uffici Delta, si organizza un nuovo cambio di volo. “Don’t worry for your baggage, sir, get the plane for Paris, there you get your plane to Malen [vedi sopra] and there you’ll find your baggage“. Due ore di attesa supplementare, poi si vola per Parigi. Nuovo check-in, per trovare, senza sorpresa alcuna, che il volo per Milano ha novanta minuti di ritardo. Vabbeh.
Il baggage? Disperso, no?
Le bamboline voodoo, accidenti a me, è colpa loro. Adesso sono in giro per il mondo, dentro la mia valigia, e chissà quali danni stanno combinando.
Update: la valigia, attualmente, sta in quel di Newark (per il motivo: vedi sopra). Le bambole hanno indossato le Converse gialle, loro compagne di viaggio, ed hanno accennato un sabba. Sta nascendo un caso diplomatico. Io aspetto di riabbracciare tutto e tutti tra un paio di giorni.
18/10/2004
New Orleans e’ profondo sud degli USA. Louisiana, stretta tra Mississippi, Arkansas e Texas. Basta fare duecento metri fuori dal quadrilatero turistico, per trovarsi in una citta’ nera. Non ispanica, come sta diventando Atlanta, o come sono le citta’ della Florida. Nera.
Non saprei dire se ci sono problemi di segregazione, in fondo sono qui da turista e non posso vivere la vita comune di questa gente; ma, nel mio piccolo, vedo che alla biglietteria delle crociere sul Mississippi ci sono tre ragazze nere su quattro, che gli operai dei lavori stradali sono quasi tutti neri, come i buttafuori/buttadentro dei locali del French Quarter, che i tifosi della Southern University sono tutti neri, che l’ottanta per cento dei poliziotti sono neri.
E vedo che i turisti, ed i signori che come me, questa mattina, vanno in giro in giacca e cravatta, sono tutti bianchi. Di piu’ non so, ma qualche idea me la faccio.
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