Faccia tosta
Sarò un manicheo, ma non riesco a non inferocirmi nel leggere le filippiche di un Lanfranco Pace contro la classe dirigente “paurosa, o peggio cinica e irresponsabile“, colpevole di aver fatto in modo che solo in Italia non sia “dato sapere con ragionevole certezza chi quando e perché versò il primo sangue, solo qui si può ancora ascoltare senza indignazione alcuna che non ci possono essere colpi di spugna – orrenda espressione – se prima non si conosce la verità“.
No, non riesco a non inferocirmi, perchè è lo stesso Lanfranco Pace che, qualche decina di righe più sopra, racconta di se stesso, Piperno e Morucci – la classe dirigente di Potere Operaio – e della pochezza morale, della pavidità, della stupidità con la quale coprirono gli assassini di due bambini, i fratelli Mattei, quelli del rogo di Primavalle: “Potevamo fare altro? Forse sì. Avremmo potuto consegnarli alla magistratura, chiedere perdono alla famiglia Mattei, a Giorgio Almirante e al Msi. E tacere per sempre. Avremmo potuto farlo ma non lo facemmo. Ci sarebbe voluta tanta grandezza. Avremmo potuto punirli noi stessi per aver portato con la loro scempiaggine disonore al partito, come voleva la tradizione leninista e bolscevica a cui pure un po’ ci ispiravamo? Certo, avremmo potuto. Ma non avevamo la feroce determinazione né la mancanza di scrupoli di Lenin. E poi se lottavamo contro la democrazia era perché volevamo andare avanti non indietro, non tornare all’epoca buia in cui chiunque potesse trasformarsi in boia del compagno che gli stava accanto.”
Chiaro? Noi, che eravamo dei capi, dei leader, dei trascinatori di folle, non abbiamo avuto coraggio di fare un gesto di umanità, di onestà e di intelligenza politica. Perchè, diciamolo, a ben guardare eravamo degli ometti. Però ci permettiamo di fare la morale agli altri: nè nomi nè cognomi, percaritadiddio: la classe dirigente. Ma vaffanculo.
Il Foglio, via Wittgenstein