Sei un arbitro.
Mestiere infame, certo. I tuoi errori non dipendono mai da incapacità o sfortuna, bensì da disonestà. Mestiere per fare il quale devi essere innocente e illibato, altrimenti ci sarà sempre, ogni volta che soffi dentro il fischietto, qualcuno che penserà che sei un ladro o una puttana.
Sei un arbitro. Ti capita un’occasione alla quale è difficile dire di no; un milione di euro. Ora, tu non guadagni poco, ma un milione è un milione. Quindi, cosa fai? Accetti, naturalmente. Dovrai soltanto dire che quella macchina di quella casa automobilistica è un gioiello. Sarà mica un crimine, santiddio.
Peccato che quella casa automobilistica versi anche un bel po’ di soldi nelle casse di una delle squadre che tu dovresti giudicare, proprio per fare la stessa cosa che chiede a te di fare: dire che le sue macchine sono un gioiello, portare per il mondo il vangelo del suo marchio.
Si può immaginare che quella casa automobilistica sarebbe felice se quella squadra vincesse lo scudetto. E tu, magari, ti potresti trovare nella condizione di fischiare contro gli interessi di quella squadra e quindi, guarda il caso – la sfortuna nera, diamine – contro gli interessi di quella casa automobilistica che ti versa sul conto corrente quanto? ricordami un po’? un milione di euro? Ecco.
Qualcuno ti fa notare che insomma, la morale e il buon gusto saranno anche andati a puttane in questo paese – e chi potrebbe dire il contrario? – ma così non si fa, soprattutto in un paese dove si bloccano i traghetti e si accerchiano i tribunali se si osa toccare la squadra di calcio del cuore.
Ma tu, no: fermo, rigido, monumento all’onestà. “Un arbitro deve essere creduto“, dici. E lo dici con voce commossa. Sai, viene in mente quella canzone, la conoscerai anche tu: non è mica da questi particolari, che si giudica un giocatore.
E poi, la ciliegina sulla torta: “Alla fine abbiamo perso tutti“.
‘Scolta, Pierluigi: considerando che tu il milione di euro te lo sei comunque fatto accreditare, non c’è modo di far perdere qualcosa anche a me?
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