Greetings from Atlanta – 4. Auburn Avenue
Auburn Avenue, negli anni Cinquanta, era definita da Fortune – senza imbarazzo alcuno, il politically correct ai tempi non esisteva – the richest negro street in the world.
All’incrocio con Peachtree Street (quella vera, anche se ce ne sono almeno altre trenta che portano lo stesso nome), proprio dove parte Auburn, ci sono delle foto in bianco e nero a testimonianza di quell’epoca dell’oro: bei vestiti, bei negozi, una sensazione, appunto, di benessere se non di ricchezza vera e propria.
Oggi, Auburn ti porta fuori da downtown Atlanta in cinque minuti a piedi; e della ricchezza di cinquant’anni fa non vedi nulla. Il mondo cambia in modo rapidissimo: non credo che in questa città esista qualcosa di definibile con il termine “ghetto”, ma l’idea è quella. Vetri rotti, dropouts a fiumi, un senso di precario che ti mette in agitazione. Eppure, basta voltarsi per vedere i grattacieli del Westin Hotel, della AT&T, della Coca-Cola a portata di mano (ricordate Billy Joel? My other world is just half a mile away. Ecco). Pensi a quelle foto che hai visto solo pochi minuti fa, e ti chiedi se questa gente non stava meglio quando stava peggio. Probabilmente no, è chiaro. Ma sembra di vivere uno di quei reportage dalla nuova Russia, con la gente che rimpiange i tempi di Breznev anche se adesso ha la libertà. Libertà da cosa, poi, chissà.