C’è, in questa intervista che Beppe Grillo ha rilasciato a Repubblica, una frase che mi lascia perplesso, per usare un eufemismo: Il politico deve tornare a essere un dipendente dei cittadini. Quindi noi facciamo votare un programma energetico, per dire, e poi chiamiamo il politico e gli diciamo: ti diamo i soldi, l’obiettivo e un tempo per realizzarlo. Se non avrà raggiunto il risultato, verrà licenziato. Come si fa con i co. co. co.
A prima vista, sembra molto ragionevole: l’eletto è colui che fornisce corpo e voce ai desideri ed ai bisogni degli elettori. Però mi chiedo: tutto qui? Il politico deve veramente essere un mero esecutore, il manager (ma no, sarebbe troppo: il quadro, o l’impiegato di settima) che prende ordini dall’azionista ed esegue senza metterci nulla del suo?
Da cittadino, a me non dispiacerebbe che i politici – almeno quelli che io voto – mi dessero retta, dando prova di vivere nel mio stesso mondo e di condividere i miei stessi bisogni ed obiettivi. E mi piacerebbe che non disattendessero – in modo a volte clamoroso – le mie manifestazioni di volontà. Ma vorrei che, appunto, ci mettessero del loro. Vorrei che fossero delle teste pensanti, con un progetto per la società che si trovano a guidare, anche se solo pro tempore. Vorrei che avessero buone idee che a me non vengono. Kennedy, De Gasperi, Thatcher, Adenauer, Reagan: non erano, con tutti i loro pregi e difetti, dei soldatini. Io vorrei essere governato da gente così, non dai burocrati di Grillo.
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