Sui banchi di scuola
Questo bel post del Professore mi ha fatto pensare a quanta fortuna ho avuto con i miei insegnanti, durante gli anni belli che ho passato studiando. In particolare, quelli della gloriosa Università Commerciale Luigi Bocconi. Ho avuto professori che hanno poi intrapreso – a volte continuandola, altre abbandonandola – la carriera politica: Nando Dalla Chiesa e Stefano Podestà, per fare due nomi. Oppure i professori di micro e macroeconomia, quelli che avevano l’ingrato compito di spiegarci il monopolio e la curva di Laffer, senza indottrinarci sui piani quinquennali o sulla Reaganomics. Riuscendoci, e li ringrazio ancora oggi.
Però, mi rendo conto che è più facile non condizionare e non avere la tentazione di condizionare i propri studenti, quando questi hanno venti, ventidue, ventitre anni. Hai di fronte gente un po’ più scafata e consapevole, capace di discutere, obiettare, confutare.
Il vero terreno minato è quello dei bambini. Perchè passano più tempo con te di quanto non ne passano con i genitori, e diventi tu il loro vero educatore (non è proprio così: in classifica vieni dopo il Muciaccia di Art Attack, John Cena della WWA e il Mike Bongiorno di Genius): puoi spingere sull’acceleratore, far entrare dalla porta il creazionismo e uscire dalla finestra il vecchio Darwin, annunciare l’inesistenza di Babbo Natale, cose così. Oppure puoi paralizzarti, e rinunciare a qualsiasi pretesa educativa, perchè dietro ai bambini, quei dolci adorabili bastardi, ci sono i loro genitori, che spesso non sono nè dolci nè adorabili, con i loro “ma lei come si permette di dire queste cose”, “mio figlio lo educo io”, “io la denuncio” e amenità simili.
Una volta era tutta campagna, e i maestri e i professori godevano di un credito – non sempre meritato, certo – che li metteva al riparo da decine di padri e madri saccenti e ignoranti, lasciandoli soli con gli oneri e gli onori della loro professione. Oggi, immagino che ogni giorno la lezione si possa trasformare in un triplo carpiato senza rete: giuro che non li invidio.
Farfintadiesseresani