Il mondo alla rovescia
Ora, non è fantastico che le elezioni vengano decise da “persone d’origine italiana che, senza contribuire al PIL, senza usufruire dei servizi dello Stato, probabilmente senza pagare tasse, possono decidere col loro voto la maggioranza in Parlamento e il Governo. Una cosa folle, che va contro un principio elementare del liberalismo (“Non c’è tassazione senza rappresentazione”, e viceversa: lo dicevano i patrioti americani)” e non da persone di origine straniera che contribuiscono al PIL, usufruiscono di alcuni servizi dello Stato, pagano le tasse ma non hanno la cittadinanza?
Grazie per lo spunto a Leonardo
April 11th, 2006 at 16:41
il viceversa non mi risulta, credo sia una invenzione moderna
April 11th, 2006 at 16:55
Momo, non ti seguo.
April 11th, 2006 at 17:12
Non diventiamo troppo di destra, pur di piantare grane: la pretesa che il voto debba essere legato al censo, o al pagamento delle tasse, mi pare eccessiva (mentre ha ragione Massimo, vale il contrario: se uno paga le tasse, vota). In più, molti italiani all’estero pagano tasse qui. E comunque il voto non è stato deciso da nessuno in particolare: gli italiani all’estero hanno votato come gli italiani in Italia.
L.
April 11th, 2006 at 17:21
[Faccio finta di non aver letto la prima frase, eh?]
Non mi pare di aver sostenuto che il voto debba essere legato al censo; gli esempi fatti indicano semplicemente una partecipazione dei cittadini alla vita del paese: che esiste certamente per molti extracomunitari, e molto meno certamente per chi sta in Argentina oppure a Little Italy da 35 anni.
April 11th, 2006 at 17:27
Non vorrei che fossimo ingannati da un cliché banale su una cosa di cui non sappiamo niente: mia zia è italiana all’estero, ha cinquant’anni, vive a Bruxelles da vent’anni dove lavora alla UE, legge i giornali italiani quanto me e viene in Italia per almeno due mesi all’anno. Ha intestata una casa qui, su cui paga delle tasse.
Gli italiani all’estero sono anche una grande quantità di persone come lei, e soprattutto molto più giovani, che sono andati a stare altrove. Diego Piacentini, numero due di Amazon, ha l’età mia, sta a Seattle, e probabilmente risiede là (non ne sono certo). Eccetera.
Aggiungi che questo genere di persone sono sicuramente più inclini a svolgere le pratiche necessarie a votare della tua macchietta di pizzaiolo di Brooklyn, ed ecco che il quadro degli elettori cambia parecchio. Grazie al cielo.
L.
April 11th, 2006 at 17:37
Sir, conosco un sacco di italiani residenti in Italia sulla cui partecipazione alla vita del Paese non mi sbilancerei, ecco.
April 11th, 2006 at 17:45
In effetti, messa così, può suonare come un controsenso…
April 11th, 2006 at 17:47
Ci stiamo incartando, ma oggi è dì di (moderata) festa.
Descrivo macchiette? No. Descrivo una parte di elettorato, di consistenza da accertare ma non trascurabile. Tu descrivi un’altra parte di elettorato, anch’essa di consistenza da accertare – e spero non trascurabile. In termini di principio, io credo che il vivere in un paese, l’esserne (volenti o nolenti) parte integrante dovrebbe dare tanti diritti quanti ne vengono concessi da un astratto titolo di cittadinanza. La faccio facile, probabilmente, e altrettanto probabilmente non mi interesserei della cosa se, per meri motivi di tempistica dello scrutinio, i seggi assegnati dagli “italiani all’estero” non fossero finiti sotto i riflettori. Però, ripeto, trovo che il pizzaiolo tunisino di Piazza Rosa Scolari che sta in Italia da tre anni sia – nei fatti – cittadino italiano almeno tanto quanto tua zia e Diego Piacentini.
April 11th, 2006 at 18:03
In primo luogo, possiamo discutere quanto ci pare, ma per la Costituzione ha il diritto di voto chi è cittadino; gli italiani all’estero potevano votare pure prima della nuova legge, ma dovevano rientrare nel paese di origine. Liberissimo di considerarla un’imperfezione del sistema democratico (una delle tante) ma legalmente il diritto esiste.
Il numero di votanti (2 milioni, non 30 milioni) e anche i risultati mi sembrano indicare che il tipo descritto da Luca sia più frequente di quello descritto da lei, e anche da quello che io stesso pensavo.
Sono d’accordo che il tunisino di Piazza Scolari voti in Italia, magari sulla base di accordi di reciprocità. Tenga conto però che proprio i tunisini possono votare al Consolato alle elezioni del loro parlamento.