Prima Pavlov
Il titolare, qui, è un ascoltatore piuttosto devoto di Prima Pagina. La qualità maggiore della trasmissione, per me, è senza dubbio la rotazione dei giornalisti che, per una settimana, hanno il compito di fare la rassegna stampa, per poi discuterne con gli ascoltatori (1). In un anno, Prima Pagina viene condotta da cinquantadue persone diverse, il che – grazie ad una certa consumata perizia nelle convocazioni – assicura varietà di personalità, impostazioni culturali, idee politiche. Pare poco, ma non lo è.
Eppure, nonostante l’alternarsi al microfono di conduttori tra loro diversi come un hamburger di Burger King da uno di McDonald’s (2), giorno dopo giorno e settimana dopo settimana si ripete implacabilmente il rito del vaticinio in sedicesimo: viene letta l’intervista al ministro X, viene citata la dichiarazione del capogruppo al Senato Y, viene sillabato l’editoriale dell’opinionista Z, e si chiosa con la frase standard: che non mancherà di suscitare roventi polemiche nel dibattito politico (e/o culturale).
Il fatto che non vi sia un solo conduttore capace di non rispettare questa regola, supponendo che non vi siano obblighi contrattuali al riguardo, fa pensare che sfuggirvi non sia possibile, proprio perchè quella frase non è una specie di semplice intercalare, ma è la previsione esatta di ciò che effettivamente succederà nel giro di poche ore. Fateci caso: editoriale critico il giovedì mattina, rinforzo da parte dell’avversario politico il giovedì pomeriggio, raffica di dichiarazioni pro e contro il giovedì sera, lettera di risposta da parte del criticato il venerdì mattina, rilancio del dibattito su un altro quotidiano il sabato, un altro paio di interventi di rilievo decrescente la domenica. Lunedì, pausa. Martedì, si riprende: intervista, reazioni all’intervista, editoriale di commento, smentita e/o chiarificazione da parte dell’intervistato, rilancio della polemica su un altro quotidiano, due-tre dichiarazioni di commento, stop. E così via. Pavlov, allo stato puro.
Io, ogni volta che sento quella frase, avverto un incipiente attacco di orticaria; ma so che se mi trovassi davanti al microfono di Prima Pagina, finirei per tirare un lungo respiro, e poi pronuncerei le fatidiche parole: che non mancherà di suscitare roventi polemiche nel dibattito politico. Direi la verità, nè più, nè meno.
RadioTre
(1) Molti dei quali, come in qualunque trasmissione che consenta il loro intervento, tendono ad abbassare irreparabilmente il livello della trasmissione medesima, impiegando venti minuti a fare i complimenti al conduttore, salutare la redazione, tutti gli altri ascoltatori, lanciandosi poi in fluviali affermazioni – non domande, affermazioni – praticamente impossibili da fermare senza ricorrere alle cattive maniere. La telefonata in diretta è il più grande flagello della radiofonia moderna.
(2) Se pensate che gli hamburger siano tutti uguali, l’unica cosa che riesco a pensare è che meritate Giovanni Rana. I suoi prodotti, non i suoi spot, naturalmente.