Ti ho vista arrivare, e ti ho riconosciuta subito, anche se sono passati vent’anni dall’ultima volta che ci siamo salutati. “In bocca al lupo”, mi hai detto, pensando all’esame di maturità che mi aspettava.
Ti sei seduta al mio fianco, su una panca di legno di questo improvvisato teatro per bambini, con tua figlia seduta sulle ginocchia. Non credo che tu mi abbia visto in faccia, perchè mi sono messo in modo da fissare con attenzione il palco e darti quasi le spalle; ma se mi hai riconosciuto, hai fatto quello che ho fatto io: ti sei tenuta i ricordi, sospesi in quel filo di incertezza che ti coglie quando l’inatteso riemerge dopo più di metà della tua vita.
Fa quasi ridere, tutto questo, considerando che non eravamo altro che amici, e nemmeno di quelli con la A maiuscola – tu in terza, io in quinta, ciao come stai, com’è oggi quella di tedesco, domani c’è assemblea. Ma non ci si può e non ci si deve nemmeno spiegare sempre tutto. Mi ha fatto piacere rivederti, Lella, chiunque tu sia e qualunque cosa tu faccia oggi.