Gruesse aus Mainz – 1. La falce e l’aratro
C’era qualcosa che non mi tornava, lungo l’autostrada in Germania, come una sensazione di assenza non ben definita. Dopo un po’, mi è sembrato di capire cosa mi mancava. L’agglomerato urbano, il capannone industriale, il centro commerciale aperto sette-giorni-su-sette. E’ la deformazione del milanese, che esce dalla città’ solo nominalmente, mentre non fa altro che passare da un paese all’altro, e tutto intorno non vede che case e – appunto – capannoni, aziende, negozi. Provate a guidare da Milano Certosa a Vicenza, e contate i chilometri liberi, aperti alla vista: è tutto un calzaturificio, un mobilificio, un’acciaieria. Qui, invece, da Basilea a Karlsruhe a Mainz, sono solo campi e boschi, soia, mais, alberi, ogni tanto in lontananza qualche paese con il suo campanile alto quindici metri e quindi ben visibile da grande distanza. Uno si immagina la Germania come il paese della grande industria, Krupp e Volkswagen e ciminiere e fabbriche. Che ci sono, intendiamoci. Ma c’è tanto altro, ed è anche bello, e fa venire – incongruamente, forse – nostalgia di casa.