Saluti da Chioggia – 5. Jackie Tonight
Entro in una calle, della quale leggo e subito dimentico il nome. Mi fermo davanti a una piccola porta di legno, a fianco della quale stanno un cartello con i nomi di alcuni piatti e un lumino da morto. Acceso. Chiedo all’uomo che sta sulla soglia se il locale è aperto. Mi dice che quella è una casa privata, che dà da mangiare solo agli amici che vengono a trovarlo “da mezzo mondo”, ma che se ho voglia e piacere mi offre un bicchiere di rosso – “hai da fare?”, “no, ma non ti voglio disturbare”, “ma entra, allora non hai capito niente”.
Entro, e l’uomo, che sembra John Lennon in versione guru indiano – solo, senza occhiali – dopo due minuti mi ha piazzato in mano un bicchiere, e dopo due minuti e mezzo lo ha riempito di un rosso fresco e abbastanza leggero da scendere con facilità quasi eccessiva. “Hai mangiato?” mi fa. “No, stavo giusto andando a cena, è per quello che ti ho chiesto se il locale era aperto, pensavo che fosse un piccolo ristorante”. “Siediti, ti preparo un pesce che neanche te lo sogni”.
A volte non ti rendi nemmeno conto delle cose che succedono. Così, cinque minuti fa camminavo vicino ad un canale che sfocia in laguna, e adesso sono seduto in un locale microscopico, poco illuminato, con la panca appoggiata ad un confessionale rubato in chissà quale chiesa, a guardare un perfetto sconosciuto che dice di chiamarsi Jackie Tonight mettere sulla griglia un pesce enorme e un pezzo di polenta – “siediti e versati quello che vuoi”, mi dice. Arriva con una padella di cozze, mentre mi racconta dei suoi nove fratelli, uno che fa il cantante e l’altro che ha perso una miniera di diamanti, la madre in un ricovero di San Giovanni Lupatoto in attesa della pensione di guerra del padre marinaio morto a quarantanove anni dopo essere stato accusato di diserzione per aver lasciato il porto di Trieste per andare a vedere uno dei dieci figli appena nati, le vincite al lotto, il figlio che lavora in fabbrica e la moglie che fa la cuoca negli alberghi, “io mi sono ritirato da tutto, sto qui e offro quello che ho a chi entra, e non me ne frega più un cazzo”, ed è tutto un mix di storie vere o verosimili e di millanterie straordinarie, mentre inizio a mangiare pesce – pesce! io che lo odio – e polenta e vino, “sai, oggi mi sono fatto qualche bicchiere più del solito, ma sono contento così, e poi questo pesce alla Pecos Bill com’è?” – “Buono, cazzo, sul serio”.
Parliamo per un’ora, “di dove sei?” mi chiede, e io “Milano”, e lui “Quando torni a casa dillo in giro che sei stato da Jackie Tonight, digli di venire che qui un bicchiere di vino c’è per tutti”, e alla fine mi fa fare il giro della casa, e giuro che in una stanza ha una bara, e c’è uno spazio che chiama “la mia tomba” e c’è la sua foto da giovane come se fosse appesa su una lapide e poco sotto un lumino come quello che stava fuori in strada, poi insisto per pagare, per lasciare qualche soldo non per il pesce che ho mangiato io ma per quello che mangerà qualcun altro come me, domani o dopo, ma Jackie Tonight non vuole nulla, dice “mi ha fatto piacere trovare un amico che viene da fuori”, poi esco, mi stringe forte la mano, mi dice di guidare piano, e salgo gli scalini di un ponte che scavalca un canale.