Anni fa mi trovavo nella sede di un grande gruppo editoriale, uno di quelli che ha filiali all’estero, che compra compagnie di assicurazioni, che pubblica quasi qualunque cosa – dai libri per la scuola ai corsi di lingua alle raccolte settimanali. Già, quelle raccolte.
Per curiosità, chiesi al mio interlocutore se davvero c’era gente che iniziava a raccogliere ditali da cucito e automobiline delle forze armate e tovaglie etniche e minerali unici-e-originali e continuava fino a quando, molti anni dopo, si sarebbe trovata la casa invasa da oggetti che nel corso del tempo avevano perso di ogni senso e fascino.
Il signore che mi accompagnava mi disse che sì, pare incredibile, ma quella gente c’era (e c’è) davvero. Che ognuno ha la sua piccola o grande mania, che ognuno nella vita ha la fissa per un oggetto [1]. All’inizio ogni raccolta ha il suo boom, creato dagli spot in televisione e dal posizionamento dei manifesti e dal packaging in edicola; già dalla terza-quarta uscita si ha l’assestamento sui numeri di vendita reali, quelli che poi si manterranno quasi immutati fino alla fine della raccolta: a volte il due, a volte il tre, a volte il cinque per cento. Il signore mi spiegò che alla fine il loro lavoro consisteva nel non sbagliare di troppo le previsioni sui numeri assestati, perchè da quelle dipendevano gli approvvigionamenti delle varie cianfrusaglie e quindi i margini di profitto. Tutto lì.
Ricordo che, all’uscita, dopo aver salutato il signore che mi aveva accompagnato, mi fermai nella grande hall di ingresso, a fissare le bacheche dove erano esposti i libri per la scuola e i corsi di lingua e le raccolte settimanali, e pensai con sgomento alle mie fisse, augurandomi che il grande gruppo editoriale non decidesse mai di far partire una di quelle raccolte: stavo fissando l’abisso, e l’abisso stava fissando me.
Achille
[1] Da giovine, la mia era quella delle lattine di birra vuote – centinaia, raccolte in ogni posto, impilate sopra l’armadio della mia camera. Adesso, quella dei magneti da frigorifero, quelli che si comprano in aeroporto, uno per ogni città che visito. E’ mai possibile che Mainz sia una città così insignificante da non meritarsi un magnete, dico io?