Qualche mese fa, la maestra-in-capo della classe di mia figlia chiese ai bambini se volevano che la classe stessa continuasse a chiamarsi “Delfini” oppure se volevano cambiarle nome: vi fu chi propose il nome di un felino, chi quello di un volatile, chi chiese di mantenere il nome e chi di battezzarlo come un mostro da cartone animato giapponese. Alla fine, la maggioranza fece una scelta di continuità: “Delfini” erano, e “Delfini” sarebbero rimasti. Il tutto venne verbalizzato su un registro chiamato “Diario di bordo”, e i seienni passarono ad altro, senza sbattere i piedini per terra o uscire di corsa dalla classe per lacrimare tra le braccia dei genitori.
Ora, passando da aula ad Aula, non trovate fantastico come – nonostante le 281 pagine di programma e/o il dodecalogo della legge, entrambi acclamati come la prova provata della fratellanza e della comunione politica -, data la fiducia X vi siano un sacco di saggi e ragionevoli adulti pronti a votare una fiducia X-1 (cioè: la fiducia su tutto ma non sulle pensioni, la fiducia su tutto ma non sui DiCo, la fiducia su tutto ma non sull’Afghanistan) e quindi altrettanto pronti a uscire di classe sbattendo i piedoni per terra e gridando “Io con voi non gioco più”?
Corriere.it