Questa sera ero nel cortile del palazzo dei miei suoceri. Aspettavo mia moglie, che stava parcheggiando a un centinaio di metri di distanza. C’erano un’aria fresca e piacevole, profumi dolciastri di piante primaverili e un silenzio agostano. E’ passato un ragazzino, le scarpe da calcio con le stringhe slacciate e il borsone dell’allenamento letteralmente più grande di lui. Mi ha guardato stranito, infilandosi in bocca un wafer o qualcosa di simile, forse chiedendosi cosa stessi facendo lì, fermo con le mani nelle tasche dei jeans a guardare verso i grattacieli che dividono il quartiere dal parco. Io stavo solo respirando, in beata solitudine. Poi, lo giuro, per alcuni brevi secondi il cervello mi è stato attraversato da pensieri che avevano a che fare con la politica – non lo so perchè, l’altro giorno mi si è parata davanti agli occhi l’immagine della Sears Tower mentre stavo imballando il lettore dvd, mi chiedo se queste cose capitano solo a me. Per fortuna è arrivata mia moglie, col suo passo rapido e teutonico; mi ha guardato, dirigendosi verso il portone, ma siccome mi conosce da fin troppo tempo, non era stranita come il ragazzino. Ha fatto un piccolo gesto con la testa, una specie di “dai, su” efficiente e comprensivo. L’ho seguita, chiedendomi cos’ho che non va se mi capita di pensare a Prodi alle otto di sera, a digiuno e dopo aver svuotato qualche altra decina di scatoloni.