Greetings from London ’07 – 2. Come nelle barzellette
Il monaco non viene fatto dall’abito; e nemmeno dalla chiesa. Ci invitano in questo ristorante molto british, legno, poltrone in pelle, moquette. Molto old-style, non ci sono i maggiordomi stile Jeeves ma ti aspetti che entrino dalla porta da un momento all’altro, dritti come fusi e silenziosi come felini [1]. E’ che noi non siamo nobili vittoriani, e allora la cena va avanti con i tre quarti dei maschi in sala in fibrillazione per Liverpool-Chelsea, un fiorire di blackberry e un mulinare di sms da un tavolo all’altro per aggiornarsi reciprocamente sul risultato, fino all’apoteosi finale, quando il più invasato scopre che c’è un televisore acceso nel palazzo di fronte e al momento dei rigori una ventina di persone si spostano nella sala a fianco e si accalcano alla finestra strizzando gli occhi per capire se quella figurina rossa che si muove è Gerrard o Kuyt, e dopo sono tutti musi lunghi e grasse risate – di lavoro e di database e di pagamenti torneremo a parlare domani.
[1] Gli unici che potrebbero gestire professionalmente un tavolo come quello nel quale mi ritrovo: due inglesi, due tedesche, tre donne di Hong-Kong, un ubriacone irlandese e il sottoscritto. Infatti, le cameriere ci riempiono fino all’orlo il bicchiere con un rosso cileno spesso come ketchup, e poi si danno alla fuga.