Ieri ho ascoltato tutto il discorso di Veltroni, con un buco di cinque minuti verso la metà. L’ho fatto sforzandomi di eliminare ogni pregiudizio, positivo o negativo che fosse. Questa mattina, ascoltando una rassegna stampa, mi chiedevo se le parole che io avevo sentito erano le stesse ascoltate dagli insigni commentatori: un po’ come quando uno guarda una partita di calcio e poi confronta la propria personale pagella con quella pubblicata sulla Gazzetta o su Repubblica e finisce per grattarsi la testa dicendo “mi sa che non abbiamo visto la stessa partita”.
Nel caso specifico, però, non credo che vi sia colpa o dolo, nè da parte mia, nè da parte degli insigni commentatori, nè da parte di Veltroni. Penso invece che in tanti abbiamo sentito ciò che volevamo sentire, il che è l’ennesima prova della strabiliante abilità comunicativa del nostro uomo, e temo anche della scorata e fideistica stanchezza con la quale attendiamo di entusiasmarci per uno che, semplicemente, sia capace di dire quello che fa e di fare quello che dice.