Date retta al vecchio Ray
Prescindendo dal fatto che quando sento l’attacco “liberale, liberista” vedo subito palesarsi il fantasma di Marco Pannella (il quale però gioca il jolly e conclude con “libertario“, che così non si fa mancare nulla), nel leggere la lista degli aggettivi che secondo Ilvo Diamanti hanno più frequentemente descritto il futuro Partito Democratico vengo preso da una sensazione fatta di noia e sconforto. Perchè sarà pur vero quello che da anni sostiene Pippo Baudo, e cioè che il vocabolario essenziale di un italiano è fatto da non più di cinquecento parole – e quelle bisogna usare per farsi capire, ma forse qualche sforzo di fantasia in più poteva essere fatto per venire fuori da questo pantano di già sentito e già visto. Oppure si potevano evitare gli arrovellamenti mentali e verbali, chè quel “Democratico” è aggettivo bello e sufficientemente vago da poter andare bene a tutti, come ai bei tempi del Partito Comunista (gli stalinisti e i leninisti e i trotzkisti e i miglioristi) e della Democrazia Cristiana (i dorotei e i morotei e gli andreottiani e i donsturziani e i degasperiani). Oppure, santocielo, bastava fare un breve corso intensivo di Carver e seguire l’esempio del principale concorrente, il quale mica è scemo e l’idea di mettere aggettivi nel nome del partito non lo ha nemmeno sfiorato: Forza Italia, e buona così.
Repubblica.it
September 18th, 2007 at 13:58
Le cinquecento parole di Baudo sono la pratica più vicina possibile alla neolingua orwelliana.
Resteremo con un pugno di superlativi assoluti.
September 18th, 2007 at 14:52
Vade retro Baudo, ma viva De Mauro.
Però mi sa che la semplificazione (neo)linguistica non c’entra, è proprio che il principale concorrente ha fatto scuola pure su questo, sicchè i candidati tutti — se riescono a non essere ridicoli — tentano di evitare gli aggettivi.
Dal momento che – a detta di Rosy – democratico non è aggettivo e, per Veltroni, riformismo (anche più di riformista) è l’ennesima maniera per aderire a tutto. Poi c’è il partito laico e cristiano di Adinolfi, che pure non è male, a onor del vero.