David Weinberger, citato da [mini]marketing: Il marketing a un certo punto diventa guerra: marketing campaign, targeted marketing, saturation marketing, stategic marketing, marketing penetration. E’ una spiacevole situazione.
Sarà che sono un tipo abbastanza pacifico, ma non ho mai pensato al mio lavoro in questi termini, e ho avuto la fortuna di lavorare in aziende nelle quali le metafore guerresche o i proclami bellicosi non erano banditi: semplicemente, non facevano parte della cultura dell’azienda stessa.
L’idea del marketing come guerra mi pare una sciocchezza colossale, per un motivo piuttosto semplice: la competizione tra aziende non è un incontro di basket o una partita di tennis, o vince uno o vince l’altro, tertium non datur. Possono avere successo tutti, o comunque molti, e possono averlo in contemporanea; non necessariamente il buon risultato di A può essere ottenuto soltanto al prezzo del cattivo risultato di B, non necessariamente il concorrente è un nemico, non necessariamente ci dobbiamo considerare pedine di una specie di ridicolo Risiko.
Mi piacerebbe che questa idea fosse un po’ più diffusa; ma, non so come, ho l’impressione che faccia comodo (soprattutto a quelli che non fanno questo mestiere) evitare che questo accada.
[mini]marketing