Arrivò a fatica sul ponte della nave, tenendosi ai corrimani e maledicendo gli scalini che si abbassavano sotto ai suoi piedi seguendo il moto delle onde. Pensò che avrebbe dovuto bere un caffè, ma si ricordò che nel pieno della notte i bar di bordo erano chiusi. Sarebbe forse stato il momento di accendersi la prima sigaretta della sua vita, se ne avesse avuta una e se il gesto non gli fosse sembrato troppo melodrammatico. Fece finta di credere che l’acqua che gli scorreva sul volto fosse portata dai cavalloni che sbattevano contro le fiancate. Si chiese se la donna che aveva lasciato in cabina avrebbe sentito la sua mancanza, nel caso che lui non fosse rientrato; ma sapeva che era alquanto improbabile tanto lui era diventato trasparente davanti ai suoi occhi. Fissò per molti minuti tutto ciò che là fuori riusciva solo a sentire ma non a vedere, affascinato dal profondo del nero del mare; poi smise di fare anche quello, perchè per buttarsi non basta avere abbastanza coraggio: bisogna anche avere voglia, e lui era solo tanto stanco.
[Disclaimer: a scanso di equivoci, non c’è proprio nulla di autobiografico qui dentro, se non il lontanissimo ricordo di un viaggio in nave verso la Sardegna, fatto con mia mamma non meno di venticinque anni fa. E’ che dovrei smetterla di ascoltare De Gregori, ma di questo si è già parlato ieri]