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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
(Gabriel Garcia Marquez)

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    23/09/2008

    Quella era una nave, ma fa lo stesso

    Filed under: — JE6 @ 08:33

    Ieri sera, guardando un pezzo de “L’infedele” dedicata ad Alitalia – o quel che ne rimane, incluse le mie 180.000 MilleMiglia non ancora utilizzate – mi rendevo conto di quanto, pur consunta, sia ancora efficace la metafora del Titanic per descrivere l’inutile starnazzamento di professori, politici, giornalisti, dipendenti e chi più ne ha più ne metta.

    22/09/2008

    Altri tempi

    Filed under: — JE6 @ 13:45

    Oggi il mi’ babbo e la mi’ mamma festeggiano 48 anni di matrimonio. Felice. Non suonasse tanto Wes & Dori Ghezzi, mi verrebbe da dire “due corpi e un’anima”, oppure “altri tempi, altre tempre”.

    20/09/2008

    Tutti

    Filed under: — JE6 @ 14:44

    Questa mattina leggevo il quaderno di italiano della persona corta. Domanda della maestra: Cos’è la storia? Tra le risposte riportate, c’è quella inconsapevolmente fantastica di una bambina – poco più di sette anni – che dice: Tutti hanno una storia.
    Naturalmente, c’è chi la sua storia la sa raccontare e chi no, o lo fa in modo aggrovigliato e poco stimolante – e, altrettanto naturalmente, ci sono storie più avvincenti e altre più ordinarie. Ma a coloro che, pur con qualche buona ragione, si strappano vesti e capelli lamentando una cosa vaga come l’incapacità della blogosfera italiana di fare informazione io metterei sotto gli occhi la frase di quella compagna di classe della persona corta, e chiederei di ripensare un po’ a ciò che dicono – chè, forse, questo prodigioso ammasso di parole apparentemente vane ogni giorno riversate dalle tastiere di decine di migliaia di abitanti di questo paese è invece davvero la più spettacolosa e precisa fonte e forma di informazione di cui disponiamo oggi per capire come davvero vanno le cose. Che poi noi non si sia capaci di capirlo, questo è un altro discorso.

    19/09/2008

    Il mio nuovo amico

    Filed under: — JE6 @ 07:59

    Da qualche settimana ho un nuovo amico. Non l’ho ancora incontrato, ma immagino che uno di questi giorni riuscirò a farlo. Lo sento la mattina presto, perchè tutti e due ci svegliamo prima dei panettieri. Io mi sdraio sul divano, con la televisione a volume zero, e lo aspetto. Dopo qualche minuto sento la sua voce, forte e squillante, piena di energia, che dice a me e al resto del vicinato che un nuovo giorno sta iniziando. Questa mattina, però, non l’ho sentito, e sono un po’ preoccupato: alle cinque del mattino fa freddo, di questi tempi, e non vorrei che si fosse preso qualche malanno. Spero tanto di risentirlo domani.
    Il mio nuovo amico è un gallo.

    Salta un turno

    Filed under: — JE6 @ 07:54

    Le Tappe Forzate saltano un turno, Alice ha avuto un contrattempo. La prossima settimana si riparte.

    18/09/2008

    In pace

    Filed under: — JE6 @ 08:12

    Son due giorni che penso a questa mail che ho ricevuto l’altra sera: “Non conosco quasi nessuno che, passata una certa età, si senta in pace con se stesso“.

    17/09/2008

    La vita ai tempi della carta e della penna

    Filed under: — JE6 @ 14:15

    Qualche sera fa, con l’innocente perfidia delle donne, la Tengi prende distrattamente in mano un bicchiere di Marzemino, guarda me e il Dottor Brodo, e ci fa: “beh, che impatto avrebbe sulla vostra vita chiudere il blog?”.
    Il mio socio romano, con la nettezza che lo contraddistingue, ha risposto “ben poco”, aggiungendo una serie di motivazioni che vanno dalla poca voglia di scrivere al poco tempo disponibile al degrado di quell’ambiente comunemente definito blogosfera.
    Io, che sono sempre molto più sfumato, terzista, indeciso, relativista ho cercato di far capire che potrei vivere senza – e di cosa, in fondo, non si può davvero fare a meno: mangiare, bere e dormire; il resto non è indispensabile – ma che mi dispiacerebbe molto, e che quindi al momento non lo farei se non vi fossi davvero costretto.
    E’ che per il titolare qui “blog” (fra le altre cose) corrisponde in misura molto larga a “Internet”; non perchè sia l’unico utilizzo che ne faccio, ma perchè, seppure nel modo imperfetto tipico degli umani, girando per blog vengo spesso sparato in giro per le cose del mondo attraverso Internet [1]: leggo la tragica e illuminante storia di Barbara e di suo figlio, leggo del magone che è venuto a tanti apprendendo la notizia della morte di David Foster Wallace (lo stesso che è venuto a me quando Zio Bonino me lo ha detto nella hall di un albergo di Riva), leggo analisi economico-finanziarie scritte in una lingua comprensibile anche al sottoscritto, e potrei andare avanti così per ore.
    Scrive Massimo: “Io nemmeno me lo ricordo più come era il mondo prima di Internet”; io sì, un po’. E in questi giorni post “grande raduno” ci penso – per motivi eminentemente personali – piuttosto spesso. In alcuni momenti vengo preso da un rimpianto luddistico, dalla nostalgia dei tempi della carta e della penna. Ma so che le cose stanno diversamente, e che pur con tutti i problemi di adattamento di chi è nato con Carosello e arriva alla mezza età con Twitter o Facebook, non vorrei tornare indietro, non farei cambio con dieci o quindici anni fa. Le sciocchezze della “vita vera” sono e restano tali – questa alla tastiera di un portatile lo è tanto quanto quella che si vive in strada; e questa vita è molto più piena, stimolante, dolorosa di quella di un tempo. Ripenso alle persone che stavano intorno al tavolo sabato sera, e a un buon numero di altre incontrate-incrociate in poco più di trenta ore in riva ad un lago piovoso, e rifaccio mie le parole di Momo, che trovate nei commenti al post qui sotto: “Ho conosciuto più belle persone nella blogosfera che nel mio quartiere, che alla mia università, che nel posto in cui vado in vacanza che nei molti lavori che ho fatto, che nella mia squadra di calcio che in qualunque sottinsieme x di persone del mondo.”

    [1] Infatti, di questi tempi che ho tempo e voglia di leggere solo quattro blog, sempre gli stessi, mi sento un po’ escluso da un po’ della vita che scorre là fuori. E la cosa mi dispiace.

    E forse è stato meglio così

    Filed under: — JE6 @ 08:42

    In mezzo a tutte le cazzatelle che ho letto in questi giorni sulla BlogFest, inclusa la mia, ce ne sono solo due che mi sento davvero di sottoscrivere: un twit di Gianluca che dice “ho capito che ho vissuto in una blogfest parallela – e forse è stato meglio così”, e questo pezzo di un post di Massimo: “La capacità di aggregare le persone migliori è probabilmente il vero merito della c.d. blogosfera“.
    E adesso, facciamo che basta così.

    16/09/2008

    Cose che servono

    Filed under: — JE6 @ 08:55

    “A me Facebook serve soltanto per farmi i cazzi degli altri”
    “Beh, più o meno serve solo a quello, no?”
    “Già”
    “Sai una cosa?”
    “Dimmi”
    “A me ‘sti social network mi stanno rovinando la vita. Mi sa che è l’ora di chiuderne un po’, e Facebook è il primo della lista”
    “Sì, ma un po’ mi dispiace”
    “Ascolta: facciamolo. E basta. Via il dente, via il dolore”.

    15/09/2008

    In Riva

    Filed under: — JE6 @ 08:00

    Se ci investite un po’ di tempo, di parole e immagini sulla BlogFest ne troverete a bizzeffe: leggerete dei camp e della pioggia e del DJ set, di fashion e di adv e di media e insomma di tutto quel che c’è stato. Io, per parte mia, non vi voglio raccontare nulla: se non che ho notato che oltre alle cateratte del cielo si sono aperte quelle delle persone [1], e sono stati due giorni di colleghi che parlavano fitto perché non si erano mai incontrati prima, di cene lunghe ma che avevano bisogno di andare avanti ancora perché c’era da raccontare di quel marito o di quella fidanzata, di viaggi non abbastanza lunghi per ciò che c’era da dire o anche solo per il silenzio nel quale stare insieme. Dovessi dire “per me, a cosa serve un blog”, forse alla fine mi limiterei a questo, e mi parrebbe già molto.

    [1] E la verità è che è quasi terrificante quanto si cova dentro, e quanto bene lo si nasconde, e vedere quanto si è capaci di ostentare olimpica indifferenza quando qualcuno intorno al tavolo, inconsapevolmente, tira fuori un argomento che è definibile solo come uno stiletto rovente infilato tra le costole. Ma poi, le cataratte si aprono. Non le si può tenere chiuse per sempre.