Saggezze
E’ il periodo dei saggi. Il saggio di danza, il saggio di pianoforte, il saggio di questo e il saggio di quell’altro. Spesso non si capisce chi si diverte di più, chi ci mette di più del suo, se i genitori e in generale i parenti stretti oppure i bambini. Ogni tanto capita di vedere qualcuno bravo, qualcuno che sa far correre le dita sulla tastiera senza impacci e pause e stonature, qualcuno che sa fare il volteggio atterrando sicuro e senza esitazioni. E però, anche se c’è un applauso per tutti, anche se le digitali e le videocamere non smettono nemmeno per un attimo di immortalare gesta che non verranno più riviste se non in casi eccezionali, è rarissimo vedere negli occhi di questi ragazzini qualcosa che assomigli alla passione, al gusto profondo di fare la cosa per la soddisfazione e non per quella di mamma e papà e nonni. Poi, lo so: tutto serve, anche Benedetti Michelangeli avrà subito millemila ore di solfeggio, di la-sol-la, anche Chechi avrà bestemmiato ogni dio possibile alla centesima spaccata, e alla fine ci si educa anche così, anche così ci si educa alla disciplina e persino alla bellezza – e spero che sia questo il motivo per cui ci imbarchiamo in tutto ciò.
June 3rd, 2009 at 14:11
Sì, credo che sia l’unico modo, tutto sommato. E che la passione che brilla negli occhi arrivi soltanto dopo. O almeno lo spero, come te.
June 3rd, 2009 at 14:21
Sir, meno male che un filo di speranza ce la mette lei.
June 3rd, 2009 at 14:29
L’importante è che non sia perchè i genitori vogliono dai figli quello che non sono riusciti a fare loro.
Su tutto il resto ha ragione da vendere
June 3rd, 2009 at 14:32
Forse per la “passione” è un po’ presto, se i ragazzini di cui sopra sono della classe della PC o giù di lì. Nel mio piccolo pianistico, penso di aver provato qualcosa di riconducibile alla passione verso gli 11-12 anni; prima non mi ponevo tanti problemi, mi piaceva suonare e suonavo.
June 3rd, 2009 at 16:53
A 12 anni(pianoforte) ero terrorizzato e per nulla motivato. Ero un pessimo allievo, con una pessima insegnante. Pessimo imprinting, ce ne è voluta per poter affrontare un qualunque pubblico senza troppa fifa.
Ora ho appena fatto il saggio del corso di teatro e mi sono divertito MOLTISSIMO. Anche con motivazione anodina come quella descritta da Chettimar i saggi servono soprattutto a chi tra i pargoli continuerà ad esibirsi di fronte a un pubblico, fossero solo uno su mille.
June 3rd, 2009 at 18:03
Sir, la TDK mi manda un cesto ogni Natale per ringraziarmi dei video che ho girato (3 figli x 3 classi x 2 saggi annui – Natale & fine d’anno!!). Ma non è inutile…, arriveranno tempi grami in cui non ci saranno più Papi e Noemi ad occuparci i meriggi afosi. Poi, stia attento, capita che le undicenni ti dicano che vogliono fare un corso di recitazione e, sfidate a provare il lor valore, si mettano a studiare monologhi shakesperiani.
June 3rd, 2009 at 18:26
no, mi sento un po’ presa in castagna, dopo che ho passato il pomeriggio a ritagliare pesciolini e stelle marine per il saggio di ginna. Vuoi dire che ‘sta rogna me la son presa per me e per me sola???
Comunque io ho visto il brilluccichio di occhi al concerto della scuola, violoncello in posizione e sguardo al direttore…: non erano solo i genitori 🙂
June 14th, 2009 at 12:37
Credo che l’unico vero motivo sia dimostrare che la centesima spaccata o gli infiniti solfeggi abbiano un fine: il saggio è solo il momento in cui accorpare l’impegno dell’anno e dargli una forma per cui tutti possano godere del nostro lavoro, anche senza capirlo.
Sarà forse puerile, ma credo che avere un fine ed una scadenza aiuti a crescere, anche nella passione.