Gruesse aus Koeln – Profumo
L’ultimo odore che si sente prima di entrare nel Duomo di Colonia arriva da un McDonald’s; è l’odore che abbiamo imparato a conoscere, indefinito eppure inconfondibile, un segno della modernità. Il primo profumo che si sente entrando nel Duomo di Colonia è quello dell’incenso. Anche quello inconfondibile, ma non indefinito: anzi, preciso. Non è pungente come spesso capita: forse perché si attenua salendo verso l’altissimo soffitto, e infatti basta alzare la testa per vedere l’atmosfera lattiginosa di una sera di Gottesdienst, di cerimonia. La chiamano Domwallfahrt, dura quattro giorni, quella di stasera è la messa iniziale. E’ come se avessi già visto tutto, questa chiesa enorme e magnifica ricorda il Duomo di Milano, ricorda Notre Dame, a me ricorda soprattutto la York Minster, con i religiosi nelle loro tonache rosse bordate di nero, l’organo che fa tremare le panche di legno, le voci che riempiono l’aria, l’atmosfera da Medioevo moderno. C’è una sola cosa veramente diversa, e fa tutta la differenza del mondo: è la lingua, quel tedesco di cui capisco una parola ogni cinquanta, ma che qui non sembra duro e cattivo come siamo abituati a pensarlo, non sembra fatto di latrati e odio, bensì di qualcosa di serio ma non noioso, sembra quello che probabilmente è – una lingua ricca e magnifica. Al termine della messa dall’altare parte una processione interminabile, fatta di ogni genere di prelati e di un numero strabiliante di chierichetti che avranno al massimo undici anni, e le prime sono due bambine da spot pubblicitario, la biondina con le trecce e la nera con i ricci. Mi fermo a guardare tutto, fino alla fine; non so se mi godo uno spettacolo di altissima qualità o se mi godo qualche minuto di pace, se mi gusto la sicura ma non boriosa magnificenza del rito o la tranquilla serenità della fede altrui – della mia non parlo perché non ne sono sicuro, perché non so cosa dire, perché per una volta non voglio dire nulla. Mi dirigo verso l’uscita, incrocio un giovane sacerdote che sotto la tunica indossa un paio di finte Crocs marroni, mi fermo davanti a una pala lignea, esco. Il vento ha cambiato direzione, non si sente più l’odore di McDonald’s.