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Quando i due uomini entrano, il locale è ancora vuoto. Fuori una donna scarica dalla sua 4×4 i sacchetti della spesa, nel silenzio della frazione incastrata nei boschi delle colline brianzole. Uno dei due guarda il telefono, l’altro ride – mettiti tranquillo, dice, qui non c’è mai stato segnale, devi scendere in valle per poter usare l’aggeggio. E forse sarà quello, forse sarà che i due sono amici e non si vedono da troppo tempo, ma le tre ore che seguono sono scandite solo dalle loro parole e dalle bottiglie di birra a gradazione crescente che arrivano e lasciano il tavolo. Sono loro e solo loro, come dovrebbe essere sempre, senza nessun altro con cui dover condividere tempo e cervello, come le regole della buona educazione e dell’amicizia insegnano senza essere mai ascoltate. Rimane tutto fuori, le beghe di lavoro e le foto delle feste e le amiche preoccupate e le bollette da pagare, rimane tutto fuori perché è tutto dentro, conoscenze comuni, ricordi d’infanzia, amori nascosti, nomi che si ripetono. Quando i due uomini escono, il locale è ormai pieno. Fa quasi freddo nella notte serena, ed entrambi pensano che di sere così ce ne vorrebbero di più, che le persone che contano davvero sono poche e andrebbero curate meglio, che gli amici sono amici e gli altri sono semplici conoscenti, che la strada è lunga e c’è una telefonata da fare.