L’anno che verrà
Prima a pranzo, tra il piatto unico da milanesi e il caffè, e poi al telefono per i “cerca di stare bene” a distanza, siamo in tre e tutti, in questo venerdì di vigilia dell’inevitabile usiamo la stessa espressione: quest’anno. Perché forse non si esce mai dal calendario della scuola, che scandisce l’anno dall’inizio di settembre a quello di agosto – e in mezzo la sospensione della spiaggia o del sentiero alpino, quando non della metropoli oltreoceano. Usiamo aggettivi diversi per definire questo anno che si dimentica di Babbo Natale, ma sembriamo tutti dei reduci, dei sopravvissuti alle montagne russe del lavoro, degli affetti, dei sogni, delle disillusioni e delle illusioni ancor più cocenti, delle rabbie e dei tentativi e dei programmi. E’ come se ci dicessimo “tieni botta, teniamo botta”, senza sapere come saremo tra due settimane, come se due settimane fossero a loro volta un anno lungo come quello che separano dall’anno che verrà.