Tanti auguri a te
Sono le sette di una sera di agosto, nella periferia di una Milano azzurra e senza nuvole, calma ma non assente. Parcheggio, guardo se arrivano macchine lungo il senso unico che taglia il quartiere, attraverso la strada. Mentre sto per entrare nel cortile, sento in lontananza delle voci, che in un altro momento dell’anno scomparirebbero nel rumore di fondo che anche qui non manca mai. Alzo la testa e le vedo, saranno una quindicina di persone tutte in piedi tranne una seduta su una carrozzina, riunite nel grande balcone della palazzina a due piani. Hanno dei piatti in mano, probabilmente stanno per mangiare una fetta di torta e bere spumante dry in bicchieri di plastica. Cantano “tanti auguri a te”. Mi fermo a guardarli, penso che quella è la casa dove i malati terminali trascorrono gli ultimi tre o quattro giorni della loro vita – tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri felici, tanti auguri a te.