Sfilando stagioni
Guardo il calendario. Vedo che il mese di ottobre è ormai finito. So che c’è qualcosa che manca, e non mi è difficile rintracciarlo, ricordarlo. E’ una cosa che abbiamo fatto per più di vent’anni, due volte all’anno, prendere un giorno per noi, gli-amici-quelli-che-gesù-non-ho-più-avuto-amici-come-quelli-che-avevo-a-dodici-anni, e andare in un paesino di una valle a un’ora di strada da Milano, un paesino con gli affreschi e il lavatoio e la casa dove un giorno trovammo una bambolina voodoo lasciata da chissà chi e la locanda e gli alberi verdi in primavera e le foglie rosse in autunno, e metterci in palio un nostro trofeo che girava di casa in casa, e scattare fotografie, e arrostire carne, e fare caserma, e le cose che fanno gli amici, quelle che non vale la pena raccontare perché a parole è tutto stupido. Fissavamo le date la notte di Capodanno, il tredici aprile e il ventiquattro settembre, dai anticipiamo un po’, ma no guarda che fa freddo, ma quando cade Pasqua. Quest’anno è sfilato così, perché a Capodanno avevamo altri pensieri e qualche giorno dopo avremmo perso per sempre uno di noi e una parte di noi, ed è passata la primavera e non abbiamo detto nulla, ed è arrivato l’autunno e ancora non abbiamo detto nulla, allora a Capodanno cosa facciamo, e chissà se ci faremo forza e guarderemo il calendario oppure no, va bene così, abbiamo dato e adesso pensiamo ad altro.