Di sinistra, della sinistra
Pare che un giorno Tony Damascelli, parlando di Giorgio Gaber, disse una cosa tipo “E’ un uomo di sinistra. Non della sinistra”. Quando l’ho letta, quella frase, mi sono detto beh, che bello, che attestazione di autonomia e indipendenza e libertà di pensiero, che riconoscimento della capacità di difendere i e farsi guidare dai valori senza irregimentarsi, senza diventare una pecora del gregge, e chi non vorrebbe che di sè si possa dire una cosa del genere. Poi ci ho pensato ancora un po’ su, e mi sono chiesto se quella che veniva descritta come una virtù non fosse al tempo stesso anche un gran difetto, se quella non fosse la fotografia dell’eterna sfiancante e cieca superbia di noi “de sinistra”, cultori del fuoco amico nel nome del rispetto di un’ortodossia spinta fino all’infinito e oltre, quello che ci porta a dividerci e spaccarci come gli atomi del CERN, mi son chiesto se il tentativo di questi anni di teorizzare e realizzare il partito liquido non fosse anche un modo per sfuggire all’incapacità di accettare i normali e giusti compromessi della vita sociale, inclusi quelli che regolano la quotidiana esistenza di un partito politico, nel nome della purezza assoluta dell’anima da offrire al dio sole dell’avvenire. Una risposta non l’ho trovata, ovviamente – è che forse non sono (mai stato) abbastanza di sinistra.