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La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
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    03/04/2011

    Cinque birilli reloaded

    Filed under: — JE6 @ 21:18

    Ci incontriamo per caso in uno dei bar del quartiere, io per comprare una marca da bollo, lui per giocare una schedina. Ciao come va, madonna quanto tempo, eh saranno tre anni, tuo papà come sta, dopo l’operazione meglio, insomma i soliti convenevoli di due che sono cresciuti insieme, e che insieme hanno vissuto le due più belle settimane della loro vita; guardiamo le ore, evidentemente entrambi non abbiamo fretta, lui mi chiede se mi va di bere qualcosa e io accetto. Mentre siamo lì al bancone con il bicchiere in mano ci guardiamo intorno, e nella seconda sala del bar vediamo il tavolo, i al loro posto, le stecche nella rastrelliera. Ad aver tempo si potrebbero far due tiri, butto lì con finta indifferenza, e lui risponde senza guardarmi che una mezz’ora ce l’ha, dai, ma guarda che saranno dieci anni che non gioco più, ma io anche quindici, ma allora non stiamo neanche a tenere i punti, perfetto, come quando da bambini giocavamo a passaggi o a muretto. Così ci troviamo col gessetto in una mano e la stecca nell’altra, e probabilmente tutti e due pensiamo che giocare a biliardo è come andare in bicicletta, non disimpari mai, non ti viene fluido come un tempo, ti pieghi con maggiore fatica, però dopo cinque minuti ti ricordi tutto. Non giochiamo uno contro l’altro, i punti li segniamo ma non è una partita vera: giochiamo piuttosto insieme, adesso cosa tiro, secondo me due sponde con taglio a stringere, dici, sì, batti qui sulla sponda lunga, dove, dove ho il dito, e quando a uno capita di tirare un bel colpo, quello che lo senti fin dal rumore della stecca che tocca la biglia, l’altro gli dice non guardarla più e fa quel gesto, sai come il tennista che batte la mano sul piatto delle corde quando l’avversario gli fa un un punto bello per davvero, ecco noi battiamo quattro dita sul legno della sponda, le battiamo due volte, come se fosse un applauso. Ognuno tira fuori il meglio del suo ormai striminzito repertorio, e ogni volta, non importa come, se per un traversino a mezza forza o per un giro di tre sponde, ogni volta che vedi quei birilli cadere sei contento come un bambino, e capisci perché hai passato tanti pomeriggi e pure un buon numero di mattine della tua vita intorno a quel tavolo. Mezz’ora passa in fretta, e in fondo le rimpatriate sono belle perché durano poco, e poco è il giusto. Sai che pensavo peggio, dice lui, per fortuna non c’erano testimoni, rispondo io, andiamo a pagare e dividiamo il conto, questa volta non c’è un vincente che dice “Cassa” allo sconfitto. Usciamo dal bar, io con la mia marca da bollo e lui con la sua schedina, ci vediamo, stammi bene, salutami i tuoi, anche tu, ciao, ciao.