Cercando gli interruttori
Vivono insieme da poche settimane, meno di due mesi. Prima era una notte ogni tanto, una volta al mese o giù di lì, poi le notti sono diventate due, poi un giorno sono state due valigie. La sera, quando tornano a casa, mangiano un boccone e passano qualche minuto a raccontarsi le cose della giornata – l’ufficio, i colleghi, le telefonate. Lui, che è quello che si è spostato, è anche quello che parla meno; ascolta: ascolta lei, e i rumori del palazzo, e della strada, i televisori che si accendono, i telefoni che squillano, le auto che cercano parcheggio, i vicini che bussano per chiedere il sale, o un cacciavite. A volte riescono a rientrare insieme, e in quel paio di centinaia di metri che separa la fermata dell’autobus dal portone di casa lei saluta persone, a volte con un buonasera come va, altre con un semplice sorriso accompagnato da un cenno della testa, lui guarda quelle facce e qualche volta le chiede chi è quella signora. Una sera la madre di lei passa a trovarli, le due donne si siedono sul divano e chiacchierano, lui si alza e prepara il caffè, apre tutti i cassetti e quasi tutte le ante della cucina prima di trovare quel che gli serve in quella casa che non è ancora sua, quella casa nella quale quando si alza all’alba, in punta di piedi per non svegliarla, fatica a trovare gli interruttori – ha imparato la disposizione dei libri ma non dove recuperare la ricarica del sapone liquido per le mani, a volte lei mette su dei dischi e a lui sembra di venire da un altro mondo, vuoi dire che ascoltavi questa musica? -, versa il caffè nelle tazzine e le porta alle due donne, le porta con le mani perché forse il mese prossimo imparerà dove si nascondono i vassoi, e si siede sulla poltrona piccola ad ascoltarle, ad ascoltare le piccole cose delle zie e della mamma di Anna, ma chi, quella che abita nella via vicino all’ufficio postale, ah sì ho capito, ascolta le minuzie di una vita quotidiana nella quale lui entra a passi piccolissimi, chiedendosi se ne farà mai parte per davvero. Quando la madre di lei esce lui entra in cucina e sciacqua le due tazze del caffè. Lei si ferma sulla soglia della stanza, lo guarda e gli chiede cosa c’è, che quella faccia lei la conosce bene, e lui, senza guardarla mentre mette le due tazze nella lavastoviglie, le risponde la pura verità: non sapevo che tu avessi una vita, e adesso la guardo.
April 11th, 2011 at 20:10
Bellissimo.
April 12th, 2011 at 08:22
si, l’atmosfera, lo straniamento; da lui dove viene? una vita prima non ce l’aveva? vi ha rinunciato completamente? quante domande.
April 12th, 2011 at 12:07
“da lui dove viene” = “ma lui da dove viene”…
April 13th, 2011 at 14:34
bello.
April 21st, 2011 at 18:34
I tuoi racconti mi emozionano.
Questo in particolare, lo rileggo spesso per cogliervi sfumature diverse.
Mi sono permesso di segnalare i tuoi racconti, e la tua bravura, sul mio blog: http://chettelodicoaffare.blog.kataweb.it
Grazie.
April 22nd, 2011 at 16:18
[Grazie, eh]