Here, there and everywhere
Ci sono parecchie cose che non mi piacciono di questa campagna elettorale che qui a Milano ha toccato abissi di pochezza piuttosto notevoli. Tra queste, l’idea che noi milanesi si abbia la responsabilità di dare con la nostra scelta un’impronta al futuro politico italiano, nei contenuti e nelle forme. Tanto per fare un esempio, un uomo per solito ben più lucido della media come Francesco Cundari scriveva ieri: “Resta comunque il fatto che il risultato di Milano, a questo punto, avrà un valore pedagogico per tutte le forze politiche destinato a durare a lungo: se davvvero, con questi metodi, il centrodestra dovesse recuperare sei punti di distacco, chi fermerà più gli assetati di sangue e i pazzi furiosi di una parte e dell’altra, dalla prossima campagna elettorale in poi? A questo punto, domenica, i cittadini di Milano non voteranno più solo sul loro sindaco. Voteranno sulla politica italiana dei prossimi mesi, se non dei prossimi anni, anche per tutti noi. Ci pensino“. Beh, a me sembra un ragionamento viziato nelle sue fondamenta. Perché delle due l’una: o noi milanesi siamo diversi dal resto degli italiani, e allora ciò che succede(rà) qui non ha né avrà valore a sud di Pieve Emanuele e a nord di Cinisello Balsamo proprio a causa di questa diversità, oppure siamo esattamente come tutti gli altri, e allora ciò che succede(rà) qui potrebbe succedere ovunque, ad Aosta e a Macomer – cosa che trovo più probabile, e decisamente più consolante.