Tutta la città ne parla
Fatte le debite (Kate Moss) relativizzazioni del senso dato al termine “tutti” – dove questo significa normalmente “un tre quarti buoni di coloro che conosco, frequento, leggo” – c’è chi possiede il particolare talento (How I Met Your Mother) di essere praticamente sempre fuori sincrono rispetto agli (The Beatles) entusiasmi e alle passioni di chi lo circonda. Sono quelli che arrivano dopo, e se tutto va (Il profumo) bene possono contare sulla compassione benevola e stanca (iPod, iPad, iEverything) di chi stava sul pezzo fin dai trailer – “ben svegliato, ti sei deciso a vedere quella serie”. Sono quelli (Lost) che vorrebbero far parte della grande (Michele Santoro) famiglia, e si mettono di impegno: scaricano i (Lady Gaga) torrent, impostano i MySky, vanno in libreria. Eppure c’è sempre (Canemucco) qualcosa che sfugge loro, non ridono abbastanza, non (The Big Bang Theory) si commuovono abbastanza, non imparano le battute – quelle battute – a memoria, non gli viene da battere il piede tra Conciliazione e Duomo mentre nelle orecchie gli entra quell’mp3. Se ne sono fatti una ragione (in tutti i laghi) da un pezzo, ma ciò nonostante non smettono di chiedersi “cos’ho che non va”. La cosa che gli dispiace di più è che anche chi li conosce bene, persino chi li conosce meglio (Glee) molto spesso pensa che siano dei puntacazzisti, gente che decide consapevolmente di giocare il ruolo del bastian contrario: e invece loro vorrebbero solo essere come gli altri, per stare in società come tutti. Ma non ci riescono, oppure ci riescono troppo di rado; allora decidono di stare zitti e amen, come quelli che alle feste delle medie si sedevano in un angolo in attesa che tutto finisse per poter uscire in strada e tornare a casa, in fondo si può sempre trovare il vicino di casa in ascensore, e parlare del tempo.
(Sì, stanotte mi sono messo in pari, e ho guardato lo spettacolo di Guzzanti)