Tre ore
Quando si svegliò aveva la bocca impastata e si sentiva persino più stanco di quando si era addormentato. Guardò l’orologio e quando vide le ore si lasciò andare a un gesto di sconforto da attore shakespeariano. Si alzò. Nel breve tragitto dal letto al bagno pensò alla settimana trascorsa, alle riunioni fatte, ai chilometri percorsi, alle email spedite e ricevute – e riuscì, facendolo, a divagare e pensare a un paio di persone legate a quel cumulo di azioni, a cosa sta dietro un saluto, a cose che scomparvero senza completarsi. Si sciacquò il volto e si spostò, nel silenzio perfetto della casa completamente vuota, fino al divano. Prese il telecomando in mano, si sentì ancora in bocca il sapore di quelle tre ore di sonno inanimato e provò una sensazione strana, un misto di senso di colpa per aver perso del tempo e di rabbia verso un qualcuno che quelle tre ore gliele aveva rubate, poi schiacciò il tasto.