Le scarpe di Harlem
Era giugno, era il 2003. Presi la 125a strada, verso ovest, verso l’Apollo Theatre. Era la mia prima volta a New York, e ad Harlem mi guardavo in giro come un bambino nel suo paese delle meraviglie. Non sono mai stato appassionato di shopping, non sono uno di quelli che partono con una valigia e tornano con due, e sanno dove si fanno gli affari – il cambio favorevole, il negozio figo. Però quel giorno entrai in uno di questi enormi empori di scarpe, di sneakers, mi feci un regalo – due paia, uno di Converse Weapon basse con i colori dei Lakers anche se era una squadra che io, tifoso dei 76ers, non avevo mai sopportato, e uno di Nike – no, non so il nome del modello, so solo che mi piacevano, e che le portai a Milano. Le ho indossate per otto anni, come si fa con quei jeans che li metti oggi e poi domani e poi ancora e ancora perché ti ci affezioni anche se li vedi sempre più lisi, ma in fondo anche sui volti degli amici arrivano le rughe, e chissenefrega. Poi niente, le ho usate un’ultima volta, le ho torchiate ancora quelle Nike comprate un giorno di giugno ad Harlem, poi mi sono seduto sul letto, le ho sfilate, e ho visto che si erano rotte – sfasciate proprio, ma solo quando avevano finito il loro lavoro, da W 125th Street alla periferia di Milano, adesso sono lì, sul balcone che aspettano di essere buttate via, sono solo delle scarpe, ma a me dispiace un po’.