Greetings from Boston – Rust never sleeps
Cammino lungo uno dei ponti che attraversano il fiume Charles, guardo le barche a vela che sfruttano il vento del weekend e i palazzi del MIT, e la ruggine del metallo della struttura del ponte. E’ una cosa che non smette mai di stupirmi, anche se vengo negli USA da ormai tanto tempo. Pare un paese che faccia fatica a mantenersi, lo vedi nelle metropolitane unte con i ventilatori piazzati alla meglio per mitigare il caldo, nelle lunghe sterpaglie che accompagnano i pedoni lungo strade trafficate come la Summer Street di Boston, nei marciapiedi sconnessi di Hell’s Kitchen, nelle guarnizioni sfinite dei treni dell’Amtrak, in cento piccoli particolari che fanno a pugni con lo splendore dei grattacieli e dei negozi e dei parchi e delle biblioteche. Non è mai tutto lindo e lustro e apparentemente perfetto come, chessò, a Lucerna, forse è perché le case più sono grandi e più si fa fatica a mantenerle in ordine, perché trecento milioni di persone sono tante per davvero, forse perché la macchina comunque va, e chissenefrega se la carrozzeria è ammaccata qua e là.