Ti presento i miei
Che poi lo sai no? Che le aziende sono come le persone – e d’altra parte sono fatte da, quindi tout se tient. Si prendono, si lasciano, si annusano, si danno gli appuntamenti, vanno in vacanza con gli amici ma poi rialzano il telefono, ci vediamo per un aperitivo, va bene dai, poi alla fine qualche volta si mettono insieme. Allora per un po’ tengono le cose segrete, forse perché non sono ancora mica tanto sicuri di quel che stanno facendo, e quando escono a mangiare si raccontano tutte le loro cose “di prima” tra un morso di kebab e l’altro, spiegami bene il tuo lavoro e viene fuori che spiegare un lavoro è come tradurre un menù, è impossibile, ci si prova ma non ci si riesce mai per davvero, lo vedono dalla faccia dell’altro e si rendi conto che negli ultimi venti minuti hanno usato otto acronimi che l’altro ha fatto finta di capire cercando di costruirsi mentalmente un contesto che ha la stessa credibilità di Spazio 1999, allora chiedono scusa e dicono ti sto annoiando, no ma figurati, mi interessa davvero, solo che non capisco bene e in quel momento, un momento di silenzio nel quale entrambi passano l’indice sul bordo del bicchiere studiando con attenzione quel paio di sorsi di birra che sono rimasti sul fondo, in quel momento tutti e due prendono in mano il telefono e scorrono la rubrica, controllando di avere ancora in memoria il numero di quell’avvocato, quello tanto bravo, che in fondo non si sa mai.
(No, il titolo non è una citazione della campagna di tesseramento del PD, cioè potrebbe anche esserlo diventando così una metacitazione – insomma fate un po’ voi)