Hugs for free
Stiamo chiudendo la telefonata, abbiamo fissato l’appuntamento – venite voi da noi, sì certo -, siamo pronti tutti e due a tornare alle nostre cose, e in quel momento lo sento salutarmi dicendo “un abbraccio”. Che non c’è nulla di male, sia chiaro, è solo che mi prende alla sprovvista e in quel secondo che mi ci vuole per schiacciare il tasto rosso e appoggiare il telefono sulla scrivania mi torna in mente l’immagine di quello stand che ho visto un paio d’anni fa, stavo andando a parlare con un signore che non conoscevo e che avrei trovato vestito con un kilt scozzese, e in questo stand c’era una ragazza, piccola, molto carina, con un cartello al collo che diceva hugs for free, e la gente si metteva in coda, lei sorrideva e abbracciava – niente baci, gli americani non li amano -, chi voleva poteva anche farsi fare una foto, e con quell’immagine negli occhi cerco di realizzare quando abbiamo iniziato ad abbracciare e farci abbracciare così, tra clienti e fornitori, tra colleghi, tra amici degli amici, for free e for nothing.