Greetings from London 2012 – Battersea (ci si stufa anche del caviale)
E’ da quando sono arrivato che mi porto dietro questa sensazione di noia. Eppure Londra mi piaceva, e tanto – magari meno di Madrid, o di quasi tutte le città americane che ho visto, e però. Sarà che posso elencare le fermate della Piccadilly Line da Heathrow a Earls Court come se fossero quelle della linea 1 di Milano, Hounslow West-Central-East, ad Acton Town sei a metà. Sarà che sono molto stanco e non ho voglia di rumori e di luci. Sarà che come diceva il Blasco alla fine ogni cosa ti stanca, tutto qui – e ci si stufa anche di mangiare caviale, dicono. Sarà tutto questo, ma quando rientro in albergo dopo la giornata passata in fiera non ho voglia di vetrine, cattedrali, musei, quadri, souvenir, teatri, non ho voglia di Marble Arch e dei negozi per pittori di Charing Cross, di taxi bombati e tutto quanto fa spettacolo. Mi cambio, vado alla stazione di Earls Court, chiedo istruzioni. Corro dietro a un double decker, mi faccio spiegare la strada, devi scendere a Clapham Junction che sembra un incrocio tra Lampugnano e piazza Barberini e poi prendi l’altro autobus e dopo non puoi sbagliare e infatti non sbaglio. La Battersea Power Station sta lì, tra il Tamigi e Nine Elms, circondata dallo scheletro di un gasometro o qualcosa di simile e dal recinto di un enorme cantiere, da vie sconnesse, sacchi della spazzatura, piscio, gru, camion, officine. Credevo che vedendola avrei risentito nelle orecchie Sheep, e Pigs on the Wings, e tutto il resto di quel disco che ho sempre in macchina e che ascolto da quando ho memoria di musica. Invece rimango lì a guardarla e basta, è enorme e dissestata e inquietante, una cosa che fai fatica a staccare gli occhi. Per poterla vedere bene di fronte faccio il lungo giro del William Henry Path, e riattraverso il Tamigi sul Vauxhall Bridge e poi torno indietro, nella stessa inquadratura c’è la vecchia centrale elettrica in disuso e il grattacielo da quaranta piani in costruzione, l’una a poche centinaia di metri dall’altro, che a voler trovare simbolismi non c’è nemmeno da fare molti sforzi, si butta via e si ricostruisce, vecchio e nuovo, ruderi e vetrate. Entro in un pub, ordino da mangiare e una birra, mi siedo vicino alla finestra da dove posso vedere l’edificio con le sue quattro ciminiere bianche che sembrano altissime, sto lì a guardare finché viene buio e la centrale sparisce e ci sono solo le luci delle macchine che passano.