Gruesse aus Koeln 2012 – Il posacenere
Non so che fine abbia fatto, se sia caduto scheggiandosi irreparabilmente o se sia rimasto vittima, magari involontaria, di uno dei repulisti che ogni tanto si fanno nelle case per respirare, cambiare, guadagnare spazio da riempire di ogni cianfrusaglia nei giornie mesi e anni a venire. Era uno dei miei primi ricordi, un posacenere di metallo scuro, quasi nero, che raffigurava il Duomo di Colonia. Stava su un tavolino, in un angolo del salotto di casa. Lo aveva portato mio zio, uno dei molti fratelli di mio padre, un souvenir dalla città dove era andato a vivere – prima il Canada, poi la Germania (o forse viceversa: ma in fondo, se non ti fermi, l’ordine conta poco) -, regalato al fratello e alla cognata a dispetto del loro non essere fumatori: ma erano altri tempi, quando non ci si doveva vergognare di tenere in casa un oggetto come quello. Mio zio, questo zio, l’ho conosciuto solo dopo il suo ritorno in Sardegna, e ricordo che da bambino rimanevo affascinato a guardare questa macchina che si era portato dalla Germania come una specie di prova che lui c’era stato per davvero, credo fosse una Ford Taunus, aveva ancora la targa originale e pareva enorme se confrontata con la nostra 500L. Poco fa sono uscito dalla stazione e sono entrato nel Duomo, e guardando la bellezza paurosa e rasserenante di questo gioiello – i colori delle vetrate, la perfezione delle colonne – mi sono chiesto per la millesima volta quale motivo abbia portato mio zio a lasciare questo posto e tornare al paese, rispondendomi per la centesima volta che partenze e rientri spesso non sono voluti, sono figli bastardi del caso e del bisogno e per questo non vanno giudicati; allora esco e cammino per Altstadt fino a tornare in riva al Reno dove rimango a guardare i ponti e le chiatte lunghissime, e per quanti sforzi faccia non riesco a non pensare che se mio zio si fosse fermato qui a Colonia riuscirei a vederlo più spesso di quanto non succeda nella vita vera, e oggi andrei a mangiare a casa sua, ci scambieremmo le notizie di casa, lui parlerebbe con l’inconfondibile accento degli emigrati di lungo corso, mi offrirebbe un bicchiere di vino sardo che io berrei senza dirgli che avrei preferito la Kolsch da 0,20 che si beve qui e forse faremmo una passeggiata in centro, fino al Duomo, e lo guarderemmo, lui come si fa con le cose di casa, e io ricordando un posacenere.