Greetings from Beijing – Suprema Armonia
Ci sono luoghi che riescono a restare magnifici nonostante le orde di visitatori che li assaltano, come se avessero dentro una forza particolare che non sai dire da dove viene – la bellezza estetica, la storia che gli sta alle spalle, la solidità dei materiali, la sacralità che li ha riempiti giorno dopo giorno lungo secoli e millenni, vai a sapere. La Città Proibita è uno di questi. Riesco a passarci dopo un appuntamento di lavoro e prima di un altro, ci vorrebbe un giorno o una settimana per poterla vedere tutta e io, come chiunque, ci sto un’ora o due ripromettendomi di tornarci una volta nella vita e sapendo che invece questo probabilmente non succederà. Ma in fondo non importa più di tanto, non importa essere uno dei milioni di pesci che dal marciapiede che dà su Tian’anmen vengono incanalati nel fiume che passa sotto le grandi porte dopo aver scattato mille foto tenendosi il ritratto di Mao alle spalle, non importa trovarsi tra una comitiva croata e una dello Yunnan, non importa sfuggire ai venditori di cappelli e bandierine (per poi comprarli, e con la felicità di un bambino), non importa niente di tutto questo quando ti trovi di fronte il Palazzo della Suprema Armonia – non c’è più gente, non ci sono più rumori né macchine fotografiche, c’è solo qualcosa di meraviglioso che non riesci a farti stare tutto negli occhi, qualcosa che non dimenticherai più.