Stories of the Bund – Xie xie
Dicono che uno dei segni, delle prove dell’amore non sia quello di non vedere i difetti dell’altro, ma di averli ben chiari e di non considerarli come qualcosa di così grave. Qualcosa che fa parte in un insieme più grande, che è quello – appunto – che ami. E allora adesso che sono qui in aeroporto ad aspettare di salire sull’aereo che mi riporta a Milano posso dire che di città ne ho viste tante, alcune orribili ma tante magnifiche anche fuori da quei tre o quattro chilometri quadrati che lasciano ogni turista con la bocca aperta e gli occhi sbarrati dallo stupore e dalla meraviglia, ma che un posto come Shanghai, una città grande più di tante nazioni ma fatta di un miliardo di microcosmi, lucente e sporca, rumorosa, incasinata, fatta di tacchi a spillo e capelli mal tagliati, interiora di pesce e Porsche e aria irrespirabile e ciliegi fioriti e bambini bellissimi, un posto vivo nel senso più vero della parola non l’ho mai visto, né New York né Chicago né Londra né Roma, e so che ne ho nostalgia già adesso che ancora sono qui e non so se avrò mai la fortuna di tornarci un’altra volta per non riconoscerla o per trovarmici male o per rimanere ancora una volta fermo in mezzo a un milione di persone che camminano, a guardarne le luci, a sentirla pulsare come l’arteria di un ragazzo di sedici anni. Xie xie Shanghai, grazie, I will miss you, I will miss you so much.