Uno di noi
A mettersi a farne l’elenco, delle bestialità storiche e dei riferimenti farlocchi inanellati dai cinquestelli, c’è da prendere una risma di A4 intonsi e finirla e averne ancora d’avanzo. Ma se il problema fosse quello basterebbe un semestre di Scuola Radio Elettra, di CEPU, una full immersion di seconda media e la gran parte delle lacune sarebbero colmate; per dire, si eviterebbe di fotoscioppare a casaccio la Boldrini mettendola sul corpaccione di un re francese, cioè l’ultimo al mondo che uno penserebbe come fan della ghigliottina. Invece il fatto è un altro, è l’orgoglio dell’ignoranza, pure quella che ti fa gridare boia chi molla. A volte li sento e mi vengono in mente certi parenti, di quelli che “cosa ne sapete voi studiati, la vita vera è di noi che non siamo rimasti a scaldare sedie all’università, di noi che abbiamo i calli sulle mani” e più gli facevi notare che il buon selvaggio era buono – appunto – giusto nelle favole più si scaldavano e diventavano aggressivi e alzavano la voce: e trovavano sempre qualcuno nei dintorni disposto a dargli ragione. C’era in loro – e pare esserci in questa banda di individui che assalta il Parlamento gridando slogan fascisti – la reazione scomposta del complesso di inferiorità travestita da celebrazione della veracità, dell’onestà delle cose e delle persone terra terra. Abbiamo ciò che ci meritiamo, d’altra parte: abbiamo mandato al numero uno in classifica il re degli ignoranti, la logica conseguenza era quella di costruire la classe dirigente bio, quella senza additivi né coloranti, composta da capre quanto e persino più di noi; ma siccome niente resterà impunito, prima o poi arriverà qualcuno che riesce ad arrivare in fondo alla Settimana Enigmistica e, se non verrà crocifisso per un congiuntivo esatto, diventerà imperatore di questo paese, o di quel che ne sarà rimasto.