Le vetrine di Detroit
(…) i giapponesi, i tedeschi, i coreani. Il mondo ha continuato a fabbricare e comprare automobili: Detroit no. Gli altri erano più bravi, più veloci, più economici, più fantasiosi – quei demoni dei giapponesi non avevano stabilimenti negli Stati Uniti e allora attrezzavano le navi per poter continuare gli assemblaggi durante il viaggio lungo l’oceano, così quando arrivavano in porto erano già pronti per i concessionari. Gli stabilimenti hanno chiuso, i fornitori dell’indotto pure, licenziamenti, disordini razziali, l’esodo di due terzi della popolazione e in qualche modo l’intera città ha tirato giù le serrande in attesa che qualcuno venisse a comprarsi in saldo quel che rimaneva.
Quelli di Left Wing si ostinano a farmi scrivere letterine. Questa è quella pubblicata nel numero 2 (nel quale trovate pure un pezzo della compagna De Cinti, che gradirete assai se a suo tempo vi siete innamorati di Julie Delpy e/o se siete rimasti degli irrimediabili sedicenni). Ah, tenendo conto che nella rivista trovate tanta roba buona, abbonatevi.