Greetings from London 2014 – Senza foto, vicino allo stadio
Vorrei avere più tempo, vorrei potermi fermare davanti a ogni tomba, a ogni lapide. Ma ho solo mezz’ora, incastrata tra due appuntamenti. E’ quella che mi basta per percorrere il lungo viale centrale che taglia il Brompton Cemetery, e guardare le croci, quelle nostre e quelle con due braccia in più con le scritte in cirillico, e sentire l’aria fresca di Londra in un giorno di sole perfetto. E’ un libro di storia questo posto, una pagina per il generale che ha assediato e conquistato Sebastopoli, una per il filantropo della fine dell’Ottocento, una per il mercante delle Indie, una per “la mia carissima amica” – che trovo struggente, penso a una donna senza parenti ma con un’amica così vicina da essere la persona che le ha curato il funerale, e la sepoltura. Il terreno è fatto di avvallamenti, cunette, saliscendi, non c’è una sola tomba in piano al Brompton Cemetery; e non c’è una sola fotografia, nemmeno sulle tombe degli anni Trenta o Quaranta. E’ bello provare a immaginarsi i volti che stavano dietro a nomi che non usano più, i vestiti, ed è strano fermarsi al centro del cimitero guardando verso ovest, stare nel mezzo dell’Ottocento, avere a destra il grattacielo dell’Empress State Building e a sinistra lo stadio di Stamford Bridge, così vicini da poterli toccare, da potersi toccare come la nipote e la bisnonna della gita a mezzanotte di Roddy Doyle, come due vite, di cui una fatta di morti.