Daysleeper
Chissà se sta contando le fermate, questa è la seconda allora è Palestro, o se a un certo punto aprirà gli occhi e si renderà conto di aver passato da un pezzo la sua, ma come Buonarroti, ma cosa ci faccio qui. Intanto gli occhi li tiene chiusi e forse sogna, o forse sta sognando ad occhi aperti anche se ha le palpebre chiuse, chissà cosa gli passa per la mente, cosa sta ricordando, dove vorrebbe essere, di sicuro non sta ascoltando le due mamme che gli siedono vicine in questo sabato piovoso, ma quand’è il prossimo open day, il quindici, ma è la data dello scientifico, lo so ma mio figlio mica ha deciso cosa vuole fare da grande. Sorride, incurante delle chiacchiere, del rumore della metropolitana, ha una barba da zio russo e la faccia di un bambino di settant’anni. Sorride e cambia espressione, come se dietro quelle palpebre stessero passando tante immagini diverse, sorride chiuso in una bolla trasparente che lo protegge da una città che sta tornando a casa per il pranzo o che sta arrancando assonnata verso un brunch prima di fare la spesa per la settimana in arrivo. Scendono prima le mamme dei figli indecisi, poi scendo io, e lui resta lì, la mano appoggiata sulla coscia, l’espressione beata, chissà se arriverà fino al capolinea.